Townshend – Seismic Vibration Isolation Platform
Strano mondo quello dei giradischi.
Anacronistici e affascinanti; ipnotico vederli in funzione, maneggiare vinili e copertine, sentirli arrivare al cuore attraverso l’udito.
Un’esperienza sensoriale a tutto tondo, endorfinica e rasserenante, che rende l’appassionato partecipe di una serie di rituali estremamente appaganti.
Ciò nondimeno, mettere un giradischi in condizioni di suonare divinamente, risulta operazione di estrema difficoltà e alla portata di ben pochi.
Rapporti di peso rispettati fra braccio e testina, voltaggi e impedenze d’uscita di quest’ultima e i reciproci all’ingresso del pre-phono; overhang, azimuth, vta, antiskating, peso di lettura e correzione finale della distorsione radiale.
Abbastanza per demordere in anticipo o per piangere miseria dopo, quando l’entusiasmo dell’acquisto lascia il posto alla delusione per il supporto analogico.
A quel punto, pochi, davvero pochi, hanno il coraggio di ammettere la propria superficialità nell’approccio al vinile; molto meglio denigrarlo in favore del digitale facile (che di facile, a certi livelli, in realtà non ha proprio nulla) ma che maschera semplicemente l’inadeguatezza del realismo sonico con sorgenti low budget.
E’ legittimo desiderare un’esperienza d’ascolto più semplice; non lo è schernire chi, delle potenzialità dell’analogico, vuol vederne il fondo attraverso una dimatura perfetta e una lotta alle microvibrazioni in perenne affinamento.
Il risultato sonico raggiungibile esula dall’ascolto razionale, trascendendo nell’alveo della più pura emozionalità.
Tema complesso per gli adulatori dei grafici, quanto quello dei cavi, delle punte o dei sistemi di disaccoppiamento, fideisticamente convinti che tutto possa misurarsi e pronti a negarsi ogni seduta d’ascolto scevra da questo fatale condizionamento pseudotecnico.
Accoppiare o disaccoppiare un diffusore, un’elettronica o una meccanica analogica, del resto, è scelta complessa se non si affronta la materia con consapevolezza delle tante variabili in gioco in ogni sala d’ascolto, e tuttavia, non occorrono proprie competenze specialistiche; basta leggere e fare proprie quelle altrui.
Sarà dunque bene che vi rimandi sin da subito al link di approfondimento tecnico del produttore Townshend, tal che possiate affrontare la successiva lettura di questo mia prova d’ascolto, con la dovuta conoscenza del sistema antisismico adottato per la base del giradischi di cui vi racconterò, dopo 3 mesi di attenti e prolungati ascolti.
L’azienda albionica si è fatta conoscere in pochi anni, attraverso recensioni entusiastiche sulle più autorevoli riviste audio del mondo e collezionando una sequenza incredibile di premi per l’innovazione in campo audio. Molti recensori si sono spinti fino a definire il sistema antisismico Townshend, una delle più importanti ed efficaci migliorie introducibili attualmente in un sistema high end.
Arrivata in redazione la Seismic Vibration Platform di Townshend, su mia richiesta alla casa madre, ho provveduto a piazzarla sotto il mio sistema analogico, avendo cura di pre-caricare ognuno dei quattro piedi a corredo con la medesima resistenza, aggiungendo il quinto piede centrale (come richiesto dal peso complessivo del Musical Fidelity M1 Turntable) e portando in bolla il tutto, non senza qualche difficoltà.
Ammetto un certo “disturbo” nel vedere galleggiare il mio giradischi a quattro piani appena posizionato sulla base Townshend; l’abitudine a vederlo “inchiodato” al portaelettroniche, a sua volta inchiodato a terra aveva radicato in me la certezza che fosse solidalmente legato al pavimento e dunque nelle migliori condizioni per esprimersi.
Il dubbio è nato invece quando ho iniziato ad accorgermi che, ogni volta che mi alzavo per cambiare lato al disco, i miei primi passi, attutiti dal tappeto, diventavano pesantemente udibili appena superato lo stesso e atterrato sul pavimento antistante il portaelettroniche.
Ho realizzato che, la volta stella su cui poggia il pavimento della redazione di Audiosinapsi, non è esattamente il luogo giusto a cui ancorarsi solidalmente, poiché il materiale di riempimento fra la volta sottostante e il piano di calpestio, è tutt’altro che rigido e sordo ma, anzi, si trasforma in un’enorme superficie battente, quando sollecitata dai mie passi o, ancor peggio, dalla musica riprodotta attraverso i diffusori acustici.
Ogni dubbio è svanito instantaneamente quando ho posizionato lo stilo del fonorivelatore sulla perpendicolare del vinile ed ho lasciato scendere dolcemente il braccio.
Folgorante! Non potrei usare altro termine per descrivere la sensazione immediata. Una sorta di rivelazione inaspettata nella sua enormità.
La messa a fuoco di una fotocamera professionale con obiettivo super stabilizzato, contro quella di uno smartphone di media qualità. Ho detto tutto.
Sarebbe sufficiente questo primo enorme salto quantico per acquistare immediatamente questa base antisismica ma …non è finita lì.
Nelle ore e nei giorni successivi, è stata una continua scoperta di miglioramenti macroscopici su tanti altri parametri d’ascolto.
La perfetta messa a fuoco delle voci, ne ha ridotto le dimensioni fisiche fino a renderle sovrapponibili a quelle riprodotte dalla sorgente digitale di gran livello presente nella stessa catena high end della sala principale di Audiosinapsi.
Ogni traccia di alone intorno agli strumenti acustici (che credevo non fosse presente prima dell’introduzione della base Townshend) si è dissolta completamente, ampliando le distanze fra gli stessi e riempiendo gli interstizi di puro “nero”.
Ogni suono si è inspessito ma con dei bordi netti e contrastati rispetto al fondo della registrazione, aumentando nettamente il piacere derivante dal naturale tempo di decadimento armonico, dote preziosa e ineguagliabile delle sorgenti analogiche di grande livello.
La Lyra Clavis Da Capo in dotazione allo SME 2.9 ha sondato gli “inferi” del solco del vinile, estraendo una quantità di microdettaglio prima mascherato dalle microvibrazioni, indotte attraverso l’acoustic feedback risalente dal pavimento.
L’isolamento (e il conseguente galleggiamento del giradischi) deriva dai piedi disaccoppianti, costituiti da molle d’acciaio di una speciale qualità, in grado di svincolare su tutti gli assi possibili il giradischi; le stesse, sono dunque incapsulate in una sacca a tenuta d’aria, forata nella parte superiore con un opercolo di diametro calcolato che si comporta come una valvola, in grado di scaricare la pressione interna solo quando essa supera una determinata quantità.
La Seismic Vibration Isolation Platform di Townshend è davvero una rivoluzione mostruosa del sistema analogico senza se e senza ma. Non si parla di differenze scarsamente udibili ma di un enorme salto quantico proprio nella riscoperta dell’analogico.
Qualcosa di imparagonabile alle basi provate finora nella mia vita ma, soprattutto, un upgrade generale senza le classiche controindicazioni di tanti altri interventi come il sorbothane, le punte, o le decine di piedini smorzanti passati per le mie mani, d’ogni forma, architettura e materiale.
Dopo averla tolta da sotto al sistema, come controprova delle impressioni fin qui descritte ed averne constatato in un solo istante la sua insostituibilità, mi spingo serenamente a dire che, ogni giradischi di gran livello, privo di una base antisismica come questa, è semplicemente un potenziale sprecato e lo è tanto più quanto esso è tecnologicamente avanzato ed ovviamente costoso.
Se poi il sistema di riferimento di alcuni audiofili, pervicacemente attaccati a plinti vintage, non contempla l’alta risoluzione esprimibile dai giradischi moderni, progettati con materiali moderni e modernamente suonanti, ritengo del tutto inutile anche solo prendere in considerazione elementi di fine tuning come questi, poiché sarebbe davvero una contraddizione in termini.
A ciascuno il proprio suono, talvolta grasso, altre volte melmoso, indefinibile nei contorni e tuttavia “piacione” nella sua indeterminatezza, purché non dissertino su gruppi e forum di “definizione” perché, credetemi, non è davvero materia del vintage.
Se c’è qualcosa che si è giovato esponenzialmente della modernità, in hifi, è proprio e (forse) solo il giradischi. Su tutto il resto …possiamo discuterne senza reciproche pretese di verità assolute.
Vita eterna al giradischi e al disco in vinile, dichiarato morto e sepolto prematuramente e …con la testa di fuori.
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