Conosco Gino Trifirò da qualche anno ormai; il tempo di annusarci, azzuffarci e intenderci.
Cinque anni, accompagnando un amico a Messina per un intervento in assistenza al suo integrato doppio telaio T-Audio. Un bell’ampli, con a bordo un quartetto di KT 88, che ha sempre suonato molto bene ma che ho sempre guardato con diffidenza per via della mia nota avversione alle KT 88 che ogni qualvolta potessi, cambierei senza pensarci un attimo con le più naturali e lineari 6550.
Di fatto, mi accorgo di aver peccato di preconcetto almeno in questo caso, dacché non ho mai avuto modo di muovere il benché minimo appunto all’integrato siciliano del mio amico e dico, MAI.
Ciononostante, quando sono in difficoltà con me stesso, faccio appello a sillogismi filosofici del tipo “Si, ok. Ma pensa come potrebbe andare con a bordo delle 6550”.
Naturalmente, il mio amico Giuseppe, non mi ha mai dato modo di controverificare e dunque, rimane solo una mia paranoia audiofila senza risposta e ormai, me ne son fatta una ragione.
In occasione di quella trasferta oltre lo stretto (una di quelle rare volte, per un terrone come me di poter dire con soddisfazione: “scendo” in Sicilia, poiché la geografia non mi permette quasi mai di muovermi dal Salento senza “salire”), portai con me il dac Teac UD 501.
Lo affidai allo staff T-Audio per bypassare gli opamp integrati all’interno e costruirmi, a valle della sezione digitale, uno stadio analogico valvolare di gran caratura, che ancora mi accompagna nelle più belle sedute d’ascolto in una delle sale della redazione di Audio Sinapsi, sebbene ormai superato da dac più importanti e ahimè costosi.
Fu l’occasione per apprezzare direttamente il piccolo atelier del suono messinese e la filosofia che sottende alle scelte in fatto di valvole e alimentazione raffinatissima.
Ai giorni nostri, la bella amicizia con Gioacchino e Nino è ormai un dato consolidato e direi importante per la mia esperienza audiofila; l’occasione dell’inaugurazione della redazione, mi ha permesso di apprezzare ancor più le doti umane del duo, avendoli avuti ospiti in sede con le loro straordinarie elettroniche.
Le medesime, che ancora campeggiano nelle sale d’ascolto di Audio Sinapsi, dal 14 gennaio e che, con resistenza, sto per restituire dopo averle esplorate in ogni modo e senso di curiosità.
Voglio dunque descriverle partendo dal più piccolo amplificatore integrato monotelaio denominato UNO.ZERO.
21 watt distillati? Certamente ma direi anche …millesimati. A partire dal kit di valvole NOS montate al suo interno che lo rendono unico, ogni volta uguale a se stesso sul piano generale e tuttavia diverso da un esemplare a un altro sul piano delle nuances. Millesimato, appunto, come un grande distillato millesimato in un’annata specifica.
Lo Skyline, stavolta è smilzo e longilineo come la silhouette delle EL 34, due coppie in push pull e controllo di configurazione a triodo per il 40% della potenza iniziale in pura classe A, prima di commutare dolcemente in class A2. Lo stadio driver utilizza delle ECC 82 NOS accoppiate mentre l’ingresso è curato da un doppio triodo ECC 83, Nos anch’esso e polarizzato in classe A pura.
Toroidale surdimensionato e di qualità costruttiva eccelsa.
Sul piano estetico, l’ampli è un trionfo del design italiano ma nonostante le linee eleganti e raffinate, non dissimula la sua mastodontica mole. Bello alla vista, splendido al tatto, con un frontale unico da spento e intrigante da acceso, quando una corona di spie arancioni, si attiva lentamente, man mano che avanza il preriscaldamento fino a circoscrivere interamente la manopola del volume motorizzato.
L’altra, quella sulla sinistra, tratteggia una sequenza di segmenti verticali giallo paglierino al semplice sfioramento, asservita a un servocontrollo elettronico, discreto nel suo intervento, quanto elegante nel cambio d’ingresso.
Insomma, un rito preparatorio, l’atto dell’accensione, che fa pregustare il momento in cui finalmente, dopo circa 80 secondi, le note iniziano a fluire dai diffusori.
Distillato millesimato, dicevo; un gran whisky pastoso e mielato, lievemente torbato, mai duro al palato. E’ così che mi piace descrivere il carattere di questo raffinatissimo valvolare che senza alcun timore, ritengo possa reggere il confronto con elettroniche del calibro di Kondo e Shindo.
Non scherzo e non esagero nell’affermare che la nuova linea Teorema Acustico ha una presentazione timbrica fuori di cotenna per verosimiglianza col timbro originale dei legni e degli ottoni come pochissimi brand nel panorama audiofilo possono vantare.
21 watt ma con un trasformatore spettacolare e un controllo di polarizzazione a triodo che rende il suono materico e dai contorni netti e puliti, mai grassi, sempre tirato e lucido, mai offensivo all’orecchio né furbescamente eufonico.
Nato per pilotare con raffinatezza assoluta diffusori efficienti, non avrei mai creduto potesse portare a spasso le Genesis IM 8300 seppur nella piccola sala di 16 mq sebbene volumetricamente importante, poichè con soffitto a doppia altezza e volta a stella.
Sotto la spinta dell’Audio Gd Master 7 Singularity, dac moderno dal suono classico, dotato di un ottetto di chip 1704k, l’amplificatore italiano ha sfoderato una trasparenza senza pari, diffondendo un suono fluido e levigato di ineguagliabile bellezza.
La famigerata gamma media delle EL34 di cui personalmente sono innamorato e con cui ho convissuto per anni attraverso una coppia di Conrad Johnson MV 55 in biamplificazione verticale, rivela una tridimensionalità molto simile a quella dei CJ ma di impostazione senz’altro più moderna e netta, olografica e pure, mai stucchevole.
Il campo di battaglia su cui non teme rivali è certamente quello dei piccoli ensemble d’archi della musica barocca e dei quartetti jazz. L’Uno.Zero è in grado di spaziare ogni nota, lasciando emergere i vuoti che sono parti integranti del racconto, senza riempirli di eufonici allungamenti dei tempi di decadimento e tuttavia, senza mai smettere di inondare la sala d’ascolto di effluvi armonici naturalissimi e realistici.
Mentre lo analizzo per scriverne, mi ritrovo spesso spiazzato dalla apparente contraddizione fra un suono che riconosco classico e familiare, come quello degli ampli della Golden Age che ricerco, frequento e adoro nella mia collezione di elettroniche hi end e l’evidente modernità sonora dei Teorema Acustico, che sembrano aver studiato nelle migliori maison degli anni ’80/90, per poi presentare una rivisitazione moderna del suono, perfettamente in linea con le migliorate sorgenti digitali e le contemporanee architetture analogiche ormai in grado di scandagliare i solchi dei dischi neri con chirurgica precisione e senso di attualità della riproduzione.
In questi ultimi giorni di convivenza intima, ho voluto cercare il confronto col fratello maggiore Quattro.Zero, integrato in doppio telaio con alimentazione ancora più assurda e potenza doppia, grazie a un quartetto di 6550. Pensavo francamente a una partita dall’esito scontato ma quando ho trovato la forza per mettermi a giocare alla comparativa, ho capito che la competizione era un nonsense, poiché le doti dell’Uno non erano materia del Quattro e viceversa.
Due interpretazioni diverse e affascinanti che mi hanno lasciato sospeso e interdetto nel giudizio, ancor più quando ho realizzato che nel trattamento delle EL 34, sembrava vi fosse inserita la proverbiale linearità e delicatezza delle 6550 e in quest’ultime, (che equipaggiano l’amplificatore due telai), una magnifica spruzzata di energia in gamma media che è invece caratteristica esuberante delle EL34 nelle circuitazioni tradizionali.
E’ del tutto evidente la mano di Trifirò nel pilotaggio del tutto, come tenesse ferma la barra del timone durante la navigazione sonora, evitando ogni più tipica deriva di questi due usatissimi tubi, che finora mi son sempre apparsi uguali a se stessi in qualsiasi amplificazione io li abbia ascoltati, sebbene, come ovvio, esaltati o appannati da circuiti più o meno riusciti e curati.
Nelle elettroniche Teorema Acustico, è del tutto evidente la precisa scelta filosofica volta all’emersione delle doti migliori delle valvole utilizzate ma senza doverne subire “obtorto collo” le intemperanze o i limiti intrinseci.
Se il Quattro.Zero (di cui vi racconterò a breve in una imminente recensione) può pilotare con scioltezza diffusori di media efficienza (90db) in ambienti abbastanza grandi fino a 30 mq, il piccolo Uno.Zero, sembra nato (nelle intenzioni dei progettisti) per esaltare le doti timbriche di raffinati ed efficienti sistemi monovia.
Ma personalmente, credo di avergli disegnato una seconda vita, in ambienti di piccole dimensioni (16/18mq) sonorizzati da raffinatissimi diffusori su piedistallo, per un’esperienza “near field” da pelle d’oca.
Tirate le somme e considerato il prezzo senz’altro proibitivo per la maggioranza degli appassionati moderni, le amplificazioni italiane di Trifirò, sembrano destinate a un ristrettissimo target di audiofili super navigati, che dopo aver girovagato una vita per sistemi d’ascolto vari e alternativi, hanno appagato la curiosità e puntato al nocciolo della riproduzione domestica che alla fine dei giochi, assume sempre il contorno di un ascolto intimo e ravvicinato con i diffusori, in un ambiente decisamente più piccolo di un salone e molto più simile a uno studio/libreria, in cui rinchiudersi dopocena, lasciando fuori il mondo con dell’ottima musica, superbi distillati e piacevoli letture.
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