Correva il 1988. Irrequieto com’ero, frequentavo l’università e i negozi di hifi della mia città. Nessuna passione è mai stata più forte di questa, sebbene ne abbia e ne abbia avute tante. E così, dopo aver abbondantemente avvilito i due negozianti della mia città, mi propongo a uno dei due come consulente hifi “part time”. Il mitico Antonio Panzera di Sugar Blues in Via Oberdan a Lecce, accetta di farmi intavolare il dialogo con gli appassionati leccesi che bazzicano il suo negozio. Avevo 20 anni e divoravo le riviste hifi mandando a memoria sigle e prezzi di tutto l’annuario. Ero uno stalker audiofilo di professione, in grado di scardinare le più formidabili certezze nella mente di attempati audiofili monogami e fedeli al proprio marchio del cuore. Vendevamo Infinity, Sugden, ProAc, Klipsch e tanti altri marchi illustri; ma in una visita a casa di un audiofilo, mi ero imbattuto in una “coppia invincibile” rappresentata da pre Audible Illusions Modulus 3 e finali monofonici Beard. Fu per lungo tempo il mio sogno assoluto. Mai tanta musicalità e perfezione in abbinata con una coppia di Sonus Faber Electa Amator. Durò 3 anni, finché nel 1991, ebbi modo di ascoltare a Maglie da Peppino Campanale una coppia di Conrad Johnson Premier Five da 200w per canale, forniti da 8 coppie (sedici valvole) di EL34. Realizzai che esistono splendide macchine sonore come i Beard P35mk2 adatte a piccoli ambienti e piccoli diffusori e maestosi finali come i CJ Premier Five adatti a insonorizzare grandi ambienti ma soprattutto in grado di rendere SUPERBO il suono riprodotto; superbo e tattile come nessun finale più nella mia vita. Ho conservato il ricordo per 25 anni senza aver mai più potuto riascoltare quel suono. Nel tempo, ho posseduto grandissime macchine sonore e mi son convinto che quel suono così superbo, maestoso e tattile, fosse un ricordo di quei tempi e che oggi, senz’altro mi avrebbe fatto altro effetto alla luce del fiume di suoni che sono passati per le mie orecchie tra fiere, negozi e case di amici.
Quando mi sono imbattuto nell’annuncio del CJ MV125, ho avuto un sussulto al ricordo di una recensione di Bebo Moroni che lo descriveva come il finale che racchiudeva tutta la maestosità dei Premier Five in un solo telaio e con tanta più trasparenza frutto dei tempi mutati e del “viraggio” verso tinte più chiare che CJ aveva intrapreso in quel periodo. Nel volgere di un’ora ho deciso di acquistarlo e finalmente ha preso posto nella mia sala d’ascolto. Sembrerò stupido, ma dopo pochi minuti dall’accensione mi sono letteralmente commosso, riascoltando tutta quella immanenza sonora colore dell’ambra intrappolata nel mio ricordo di ventenne. Erano i Premier con tutto il loro calore sebbene non mi ritrovassi con le parole di Moroni riguardo l’aumentata trasparenza dell’MV125 rispetto ai Premier 5. Erano proprio loro, in tutto e per tutto, anche nella riproposizione di quell’ atmosfera tutt’altro che luminosa anzi, noir e soffusa, sebbene ammaliante come nessun altro finale prima. Ho atteso 5 giorni e il confronto con i miei fedeli amici di musica Carmelo Caretto e Giuseppe Perrone, intravedendo una progressiva maturazione di quel suono noir che dopo 15 ore di accensione continuativa, si è rivelata come da manuale del recensore.
Quanta luminosità è venuta ad aggiungersi via via che i condensatori hanno iniziato a ricaricarsi dopo un lungo periodo di fermo del finale. Esplosivo e immanente più dei due fratelli ribelli MV55 che utilizzo in biamplificazione verticale ma …e questo è davvero un fatto inaspettato, anche molto più del Krell ksa100s di ben 200w su 4 ohm. Andando a rileggere le caratteristiche delle mie Genesis III, mi sono accorto di uno “strano” consiglio del produttore: 200-800w con stato solido class AB, 200-600w con stato solido class A, 60-600w con valvolari! Se uno come Arnie Nudell scrive una cosa del genere, un qualche maledetto motivo per farlo lo avrà avuto…io credo. Questo spiega perché, con gli MV55 da 55w ottenevo la medesima pressione sonora e la medesima riproposizione della scena che con il Krell da 200w (in entrambi i casi ero alla soglia minima di ingresso consigliata per le Genesis) mentre con l’MV125 da 125w (appunto), il controllo dei diffusori appare SUPERBO, SONTUOSO, TELLURICO, STRAORDINARIO.
Il Conrad Johnson MV125 non è solo questo; è anche il finale più musicale che io abbia mai ascoltato nella vita. E’ un diluvio di armoniche inaudito, un pienone di endorfine, un terremoto di energia. Dinamico come il Krell, più caldo di qualunque classe A (pur essendo un AB in barba ai luoghi comuni). E’ smisurato nella larghezza e nella profondità della scena, olografico come tutti i CJ ma senza tradire forzature nei neri infrastrumentali che ci sono (perché riproduce il silenzio come un Krell) ma che quando la partitura lo richiede, sono riempiti da una valanga di armoniche frutto di un lento e naturale decadimento tipico delle valvole ma… LUI di più! Grazia? Di più! Armonia complessiva? Di più! Naturalezza? Di più! Non è solo una meraviglioso Conrad Johnson, è l’anello di congiunzione fra l’epoca ambrata e un pò lenta e noir dei Premier Five, con quella veloce e luminosa dei Premier Twelve o ancor più dei Premier 140. LUI è veloce, luminoso e più che mai AMBRATO come forse nessun altro CJ. E’ stato l’anello di congiunzione, per poco tempo in listino e per giunta tradito da una sigla MV su di un corpo Premier, una sorta di camuffamento incomprensibile a noi appassionati ma che avrà avuto la sua ragion d’essere nelle scelte di marketing dell’epoca. Insomma, un oggetto dal fascino timbrico ed estetico con pochi eguali, certamente un compagno di avventura per i miei prossimi anni audiofili.