Sono Made in Italy. Sono fatte a mano. Sono bellissime. Hanno grande personalità. Ma… ce n’era davvero bisogno?

Ero stato più volte invitato all’ascolto delle belle Oud durante il loro affinamento, ma non vi potetti mai partecipare. Ho colmato solo di recente la mia lacuna, trascorrendo un pomeriggio intero nella sede del distributore Audiosinapsi, completamente assorbito dalla musicalità dei diffusori ormai in versione definitiva, tant’è che le ho richieste per studiarle e goderle nella mia stanza del piacere.

Un pò di Storia

Al oud, antenato asiatico del nostro liuto, è il capostipite di quasi tutti i cordofoni occidentali. Giunse in Europa dal medio oriente attraverso la Spagna, per poi diffondersi in tutto il continente, cambiando però nel tempo morfologia ed estensione tonale, per esempio con la mandola e il mandolino.
Le rotondità dello strumento musicale oud e del suo suono cristallino, ricco di armoniche, sono state d’ispirazione per la creazione dei diffusori OUD.

I due mobili hanno un aspetto gentile e gradevole allo sguardo, nonostante abbiano dimensioni non esattamente slim. Forse sono le curve e le loro proporzioni a non stancare mai l’occhio. Esse si fanno notare e poi ammirare a lungo, per la scelta accurata delle essenze lignee, il felice accostamento della pelle sul frontale, sempre del colore giusto e dalle rifiniture curate come automobili fuoriserie.

Non posso tralasciare di raccontare anche dell’esperienza tattile: la perfetta impiallacciatura è ricoperta da uno spesso strato di liscia vernice acrilica trasparente, che va a raccordarsi perfettamente con il pannello frontale rivestito di morbida pelle pieno fiore tamponata a mano, liscia anch’essa ma in altro modo, ancora più gradevole al tocco, anzi… sensuale direi.

La forma tronco ellissoidale è stata adottata, piegando a vapore e poi incollando ad alta pressione i pannelli laterali, per minimizzare il formarsi di onde stazionarie all’interno del box.


I due frontali ospitano in modo speculare e ben organizzato il tubo del bass-reflex, il tweeter e uno dei midwoofer, l’altro è alloggiato in un’apposita camera all’interno del box. Sul lato posteriore v’è una coppia di morsetti di ottima qualità, saldamente avvitati su di una spessa piastra d’alluminio, serigrafata e verniciata. La versione bi-wiring è disponibile a richiesta.

Infine a protezione dei pregevoli altoparlanti vi sono delle robustissime griglie in ferro leggermente bombate, anch’esse rifinite in modo impeccabile, curatissime nell’aspetto, ed ancora una volta nel colore, che vanno a congiungersi con i rispettivi magneti fissati sotto la pelle del frontale.

Il debutto delle “nostre” avvenne in occasione dell’Apulia Hi Fi Show 2022, dove attirarono l’attenzione della stampa specializzata e di molti audiofili. Fra questi drizzarono le “antenne” Carlo Elia e Alessandro Rosato, percettivi gestori di Audiosinapsi (rivista online di audio e musica), che le vollero riascoltarle con calma nelle loro attrezzatissime sale d’ascolto.

Il potenziale quasi completamente espresso, che i visitatori più attenti colsero nelle OUD, colpirono particolarmente i due editori salentini. Da lì ad avviare una collaborazione fra Audiosinapsi e l’azienda Acoustic May fu un attimo.

Accadde così che i prototipi uscirono dalla camera anecoica per essere misurati in ambiente, principalmente nelle ottime summenzionate sale d’ascolto.

Ciò che non piacerà leggere ad alcuni tecnici è che la maggior parte delle modifiche sono state maturate usando – udite, udite – l’ascolto della musica. Va evidenziato però che durante gli ascolti critici e le modifiche al volo sul crossover, in sala era sempre attivo un sofisticato sistema di misurazione, ‘sì da confrontare in tempo reale i freddi numeri con le impressioni d’ascolto.

La lieta novella (nuova solo per alcuni sbadati) è che i miglioramenti implementati nella direzione della naturalezza, della coerenza, del rigore timbrico, della linearità delle OUD sono sempre stati indicati grazie alle proposte di Carlo e Alessandro abituali frequentatori di musica dal vivo.

Ma le OUD sono diffusori democratici, perché anche il nutrito panel di ascolto composto dagli amici dei due, ha contribuito a perfezionare il suono dei diffusori.

L’insieme dei rilievi soggettivi si sono poi concretizzati in modifiche al crossover, al caricamento acustico, alla disposizione degli altoparlanti sul pannello. Onore al merito va all’ottimo e paziente tecnico progettista Nicola Maggio di Acoustic May, che ha saputo tradurre le “semplici” impressioni d’ascolto in un nuovo e migliore suono.

Le Oud poggiano i loro ventisette chilogrammi di peso sui quaranta degli stand antirisonanti, a loro dedicati e FONDAMENTALI per l’ottenimento del basso profondo e roccioso delle OUD.

Com’è Fatto

Le OUD sono diffusori a due vie da supporto, con estensione in bassa frequenza sino a 30 Hertz reali, misurati in ambiente.
La Acoustic May ha deciso di affrontare e risolvere il problema della corretta riproduzione delle frequenze basse in ambiente domestico, adottando il carico acustico cosiddetto “isobarico” o “compound”.

Per questo, un secondo woofer identico al primo è installato nella sua camera separata, all’interno del mobile dal quale comunica con l’esterno attraverso il tubo reflex. Il principale vantaggio di detta configurazione è il poter ottenere grande estensione e grande controllo della gamma bassa utilizzando un cabinet di relativamente piccole dimensioni.

L’ottimale messa a punto del sistema richiede: il proporzionare correttamente le camere dei woofer; dimensionare e accordare correttamente il sistema reflex; rendere più inerte possibile il mobile (infatti le casse sono tutte in MDF di alto spessore); iper selezionare i midwoofer e i componenti delle due sezioni del crossover a loro dedicati.

Il crossover è l’altro capolavoro delle OUD. La scelta della frequenza d’incrocio è a circa 1900 Hertz; la pendenza è del terzo ordine Butterworth, per entrambi i rami; la componentistica è tutta Mundorf (io però avrei preferito salire con la qualità (e costo purtroppo) impiegando almeno il Mundorf MCap Supreme EVO Oil 800VDC, con un interessante 2% di tolleranza.

Non posso escludere la menzione dei supporti antirisonanti dedicati, appositamente progettati per le OUD, pesanti quasi il doppio delle stesse casse, la cui progettazione è stata affidata a un architetto.

Il criterio usato è semplice e funzionale ma oneroso in termini di materiali e lavorazioni: due lamine d’acciaio spesse otto millimetri, sagomate esattamente come la base delle OUD, sono saldamente unite da undici tubi, di diverso diametro e sempre di acciaio, trattati con vernice antirisonante e antigraffio ad alto spessore.

ASCOLTO

Dovendo pur cominciare da qualche parte allora scriverò del fenomeno che ha catturato la mia attenzione sin dal primo istante e obbligato all’ascolto concentrato per quasi due ore di fila: la scena acustica.
Qualcuno disse che i buoni diffusori (con un buon impianto a monte) si riconoscono dalla capacità di sparire per ricreare il palco virtuale nell’ambiente in cui essi vengono installati.

Beh, è vero.
Le OUD hanno la capacità di farti “vedere” gli artisti in azione durante la riproduzione della musica. “Beh” mi si dirà “ogni buon diffusore di vera alta fedeltà deve esserne capace”. Verissimo ma… cosa succede di diverso con le OUD? Accade di ritrovarsi in teatro: ti accomodi, la musica inizia e ti godi lo spettacolo senza mai voler smettere. Tutto qui.

Mi è già capitato qualcosa del genere in qualche negozio; in pochissime case private; forse mai alle fiere; per fortuna alcune volte a casa mia.

Nella sala Audiosinapsi le OUD mi hanno semplicemente rapito. Loro riproducono la musica in modo che l’attenzione sia tutta per l’evento in atto, così, naturalmente. Adesso è il violoncello a farsi apprezzare per l’accuratezza dell’esecuzione, poi un combo Jazz, la tale cantante pop, l’orchestra barocca, quella sinfonica e via di zapping. Ogni volta giravo la testa di qua e di là per “vedere” i musicisti suonare un nitido triangolo sul fondo a destra, là una ricca chitarra acustica, al centro in fondo un tamburello ben scolpito e vibranti colpi di grancassa che riempiono tutto lo spazio sino a far tremare il pavimento.

Trovavo tutto finalmente non perfettino, come ci hanno abituato alcune noiose casse Hi-End ma solo giusto: niente da dire, niente di più da desiderare se non altra musica.
Chiedo di ascoltare Roxanne dei Musica Nuda ed è in quella che comincio a comprendere il valore delle OUD e della sapiente messa a punto dell’impianto cui sono collegate.

Vengo al dunque: Ferruccio Spinetti dà inizio alla sua versione del brano dei Police. Percuote con decisione le corde del contrabbasso con l’estremità dell’archetto. Nella sua apparente semplicità, la riproduzione di quei colpi a bassa frequenza è un compito abbastanza impegnativo per qualsiasi impianto, perché è richiesta molta velocità di risposta ai transienti, molta dinamica e contemporaneamente tutto il dettaglio di cui esso è capace, per riprodurre le rugosità dell’archetto che striscia “misuratamente fuori controllo” sulle corde, gli armonici prodotti dalle corde stesse, le risonanze della tavola armonica e, fra un colpo e l’altro, riprodurre con i giusti tempi di decadimento il sovrapporsi delle armoniche sviluppate dal grande strumento.

E non basta, perché anche nel caos intenzionale dei colpi secchi e delle vibrazioni più potenti si percepisce chiaramente lo sciame di escursioni collaterali a basso e bassissimo livello che completano il suono rendendolo vivo, vero, emozionante.

Chiedo e ottengo di provare le OUD nella mia tana, ufficialmente per farne una recensione ma segretamente per scoprire a casa, anche solo un breve periodo ma senza fretta, un po’ del loro mistero. Posizionare le belle e pregiate casse salentine è stato molto facile, perché sono bastati solo dei piccoli aggiustamenti per ottenere il miglior risultato possibile nella mia stanza, che invero è più piccola di quanto i diffusori in prova necessitino, affinché il glorioso basso di cui sono capaci si possa esprimere compiutamente.

Immediatamente poste sotto tortura con le mie solite musiche rivelatrici le belle tutte curve hanno cominciato sottolineare qualche problemino insito nel mio impianto (a me già noto ma trascurato per mia cronica pigrizia) e cioè: le sibilianti eccessive e qualche cresta sui picchi dinamici. Il preamplificatore è scagionato perché il dispositivo attivo (il tubo russo 6N6P alimentato a 280V) viene utilizzato per piccoli finali, quindi le frazioni di Volts in arrivo dalle sorgenti gli fanno solo il solletico. Il finale è il granitico ma musicale Aloia ST-260, che pilota con un mignolo il facile carico presentatogli dalle OUD.

Sostituisco qualche cavo e le cose migliorano ma di poco.
Gioco un po’ con qualche USB più o meno commerciale che ho in casa e capisco che il classico cavo da stampante, giudicato più che sufficiente dagli odiatori di cavi è invece totalmente inadatto alla musica. Ovviamente!

Dunque è giunto il momento di donare al mio sistema qualcosa di veramente degno.
Ispirato dalle impressioni d’ascolto di Alessandro Rosato e dall’ottima reputazione internazionale del cavo USB Neotech NEUB-1020, decido di investire qualche decina di Euro per il suo acquisto.
La buona notizia è che la nuova connessione semplicemente funziona! Sono sparite le sibilanti, le distorsioni sui picchi dinamici sono solo un brutto ricordo, tutto è presentato in modo più rilassato, completo e silenzioso.
Riprendo ad ascoltare musica scegliendo repertori con crescente difficoltà per il sistema.

Pat Metheny in One Quiet Night è nella mia sala da solo, con la sua chitarra acustica baritono.
La ripresa dello strumento è secondo me eccellente, non solo perché si percepisce tutto in modo corretto: i diversi tocchi e sfioramenti delle dita, le armoniche delle corde e della cassa, ma perché viene catturata e restituita l’atmosfera raccolta e intima racchiusa in quest’opera.

La riproduzione da parte delle OUD appare rispettosa delle intenzioni di Metheny e lo colloca ben al centro fra i diffusori, non troppo in profondità, con il suono ambrato e profondo della chitarra, immerso in una nuvola di armoniche e risonanze.

Paganini For Two con Gil Shaham al violino e Göran Söllscher alla chitarra classica è tratto da un CD Deutsche Grammophone. Ancora una volta l’atmosfera è intimista ma la chimica sviluppatasi fra i due artisti rende delicatamente coinvolgente l’ascolto. I due musicisti, l’uno accanto all’altro, eseguono le partiture del violinista toscano con passione e perizia. La ripresa non permette di cogliere tutto l’iperdettaglio cui ci hanno abituato certi fonici audiofili, però le sfumature essenziali per godere di un buon ascolto ci sono tutte.

È il momento del trio Jazz. Scelgo un CD ECM, da me già recensito proprio qui su Audiosinapsi. Si tratta di When Will the Blues Leave, suonato dal vivo da Paul Bley, Gary Peacock e Paul Motian, in un auditorium in Svizzera, nel 1999. Artisticamente è un capolavoro. Io lo ascolto almeno una volta al mese. In questa musica c’è tutto: esperienza, ispirazione, stanchezza, interplay, amicizia, amore.

Anche nella registrazione c’è tutto ma proprio tutto il pianoforte, compresi i tasti neri (cit. Blues Brothers) e tutti quelli a sinistra (sono ironico). C’è tutta la batteria e tutto il contrabbasso, completi di tutte informazioni e connotazioni che troveremmo dal vivo. Per la prima volta sento venire fuori da un CD (in questo caso rippato e upsampled in DSD da Audirvana) una dinamica pazzesca e una messe d’informazioni spaziali, di armonici dal decadimento infinito, quasi analogico che neanche una cornucopia. E il tutto senza sforzo.

È un altro giorno. Ascolto musica barocca e sinfonica. Per non tediare con ulteriori impressioni sonore citerò un solo album (in versione liquida DSD 128) che riassume tutte le esperienze vissute accanto alle belle OUD: The Miraculous Mandarin di Béla Bartòk, opera eseguita dalla New York Philharmonic Orchestra, diretta dal maestro Pierre Boulez.

Le riprese avvennero fra il 1971 e 1972 in due luoghi diversi, eppure non si direbbe. Ciò che “vedo” e che odo è un’orchestra più grande della mia stanza, furoreggiare senza (apparenti) limiti dinamici. Questa versione mi è piaciuta molto per la strabiliante abilità esecutiva dell’orchestra, evidentemente diretta ai massimi livelli.

Ho molto apprezzato anche la qualità della registrazione, forse perché analogica (ma non lo sapevo ancora), forse perché l’atmosfera durante l’ascolto mi ha ricordato quella della sala da concerto o, più probabilmente, perché non ho assistito all’esibizione dell’iperdettaglio, come ad esempio l’innaturale strofinio degli abiti dei musicisti, preferendo realizzare un’opera rispettosa della Musica in tutte le sue sfumature, trame, tessiture e sottotesti, immortalando un suono fluido, omogeneo e vivido come quello di un ascolto in presenza, dalla platea, e non al posto del direttore.

Dopo un mese di meravigliosa convivenza con le OUD credo ormai di conoscerle al punto che decido di togliermi una soddisfazione: prendo un granchio… anzi Il Granchio psichedelico dei The Prodigy con il loro tellurico, rivoluzionario The Fat of the Land.
A warm-up dell’impianto completato, ruoto la manopola del volume a ore dieci, cioè il massimo che il mio apparato uditivo può reggere nella mia stanza della musica e…Play!

Il leggendario brano di apertura Smack My Bitch Up inizia con un breve intro, poi sostituito da un nervoso riff techno-rock trance elettronico che sembra non finire mai. So quello che mi aspetta e lo voglio, perché è un massaggio a tutto il corpo, è un liberatorio vaffanculo a (quasi) tutti! E quando l’ansia sta per vincere sull’attesa ecco finalmente l’esplosione che aspettavo.

Uno tsunami esagerato violento, malevolo di suono indistorto e pulitissimo inonda il mio divano, mi scuote le budella, godo! I bassi sono potenti e profondi, asciutti il giusto ma devastanti quando eccitati dai micidiali colpi di grancassa elettronica.
Wow che bellezza!

Ma a cosa serve una simile sevizia su un diffusore così raffinato? Serve a scoprire se è un fighetto oppure un prodotto con tutti gli attributi, capace di andare a tempo col ritmo e di trasmettere il groove. In questo caso… superata a pieni voti!

Le OUD suonano allo stesso modo a qualsiasi volume, relativamente alle dimensioni e alla capacità della stanza in cui sono inserite di contenere le riflessioni e risonanze col crescere dell’intensità sonora. Il soundstage e il dettaglio rimangono uguali anche durante gli ascolti notturni, cioè anche quando i suoni vengono sussurrati.

Una caratteristica molto interessante delle casse in prova è la loro adattabilità alle elettroniche a monte. Il mio sistema non è all’altezza di quello in sala Audiosinapsi ma è stato da me allestito con molta cura per l’ottenimento di una precisa impronta sonora, comunque di alta qualità.

Ebbene nonostante il mio finale sia datato, il DAC non sia un oggetto da boutique Hi-End etc. etc. le OUD si sono sempre espresse in modo completamente soddisfacente. Anzi è grazie alla loro analiticità dal volto umano che ho deciso di acquistare un cavo USB decente e che, oltre al trattamento acustico della stanza, riprenderò a curare la pulizia delle rete elettrica, per abbassare il più possibile il tappeto di rumore proveniente dalla rete elettrica, così da far emergere tutta una serie di micro informazioni che vanno a completare il messaggio musicale e che altrimenti resterebbero nascoste nel rumore a basso livello.

Di cosa hanno bisogno i bei diffusori pugliesi per esprimersi al meglio?
Prima di tutto un ambiente delle dimensioni giuste (meglio se trattato nei punti critici), per un diffusore che non ha problemi a scendere sino a trenta Hertz flat, in ambiente; di energia elettrica pulita; di un finale raffinatissimo e con una buona riserva di potenza; un preamplificatore raffinatissimo anche lui e vivace e di sorgenti di ottima qualità.

CONCLUSIONI

La convivenza con le OUD è stata piacevole anche da silenziose, tanto sono belle e ben fatte. Il loro suono mi ha deliziato finché le ho possedute ma… sono incompatibilmente grandi per il mio piccolo ambiente e quindi devo restituirle.

La loro impostazione sonora mi ha molto convinto, perché incarna il sogno audiofilo di un diffusore completo, trasparente, dinamico, dal suono accattivante ma non ruffiano, ché i ruffiani stufano presto. Anzi più che accattivante quel suono lo definirei amico ma di quegli amici che ti accolgono col sorriso e sai che presto ti metteranno un bicchiere in mano e si continuerà a chiacchierare per tutta la notte.

Come tutte le creazioni generate dall’uomo (a differenza della maggior parte dei prodotti industriali, Hi-End compresa, che sono elaborati dai computer) le OUD hanno una spiccata personalità e per questo potrebbero lasciare perplessi quegli ascoltatori abituati ai suoni asettici imposti dalle grandi case. E umana la scelta del design, è umana la scelta dell’impronta sonora ed è umano anche il prezzo di un prodotto tutto fatto a mano in Italia, proprio come un grande abito di alta sartoria.

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CARATTERISTICHE TECNICHE DICHIARATE

Diffusori acustici da supporto Acoustic May OUD

Filosofia di design e tecnologia principale

Due vie con carico isobarico – doppio woofer

Impedenza in uscita

6 Ohm; minima 4,7 Ohm

Risposta in frequenza

30Hz – 22000Hz

Sensibilità

89dB
Potenza richiesta

20 Watt – 200 Watt

Dimensioni del prodotto L x A x P (mm)

350 X 420 X 440

Dimensioni del supporto L x A x P (mm)

350 X 570 X 430

Peso diffusore

27kg

Peso supporto

40kg


Prezzo diffusori comprensivi di supporti dedicati :


€ 8.600 finitura opaca naturale
€ 9.390,00 extrafinitura lucida laccata

Finitura cabinet

Ulivo – noce canaletto – ebano – palissandro a finitura naturale.

Extra finitura cabinet

Laccatura trasparente ad alto spessore (quattro mani) e lunga asciugatura.

Finitura baffle frontale

Vera pelle pieno fiore colorata con tamponatura naturale (diverse gradazioni di colore)

Distributore:

Audiosinapsi

www.audiosinapsi.it

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