ESSERE AUDIOFILO (capitolo 3)

MUSICA DAL VIVO VERSUS ANALOGICO, DIGITALE, VALVOLE, TRANSISTOR, CAVI, ORGANI, TROMBE, PERNACCHIE E TUTTI I GIRO GIRO TONDO DELLE TURBE PIÙ AUDIOFILE DI QUESTO MONDO.

I pensieri che seguono, un po’ come quando si rimette in ordine un garage a soqquadro, sono un’esposizione ragionata di una serie di riflessioni ed esperienze, non tutte brillanti invero, accumulatesi in questi miei anni di attività audiofila.

Il Mito della Musica dal Vivo vs Riproduzione Musicale

Nel fare musica prima e teatro poi (sia sul palco che dietro le quinte) ho assimilato un concetto fra i più importanti nel settore delle arti performative: il pubblico è, nel bene o nel male, parte integrante dello spettacolo stesso.

Perché fra artisti e spettatori si instaura un vero e proprio scambio di energie, un fluido invisibile capace di accrescere il pathos in entrambi i lati del palcoscenico, innescando un circolo virtuoso dove, nonostante la “quarta parete”, la distanza fra gli artisti e le persone viene annullata, mentre il tempo sembra fermarsi. 

Vivere un concerto coinvolge totalmente il corpo, la mente, lo spirito; stimola nuove emozioni e sentimenti; modifica la chimica del corpo creando nuove “alchimie” in sé stessi e con coloro che ci stanno intorno.

E poi, fatto fondamentale, un concerto dal vivo ci insegna sempre qualcosa di inedito, perché ogni emozione traccia una memoria e le memorie vissute attraverso l’intelligenza emotiva tracciano il nostro futuro. 

Io sono dovuto diventare un bravo audiofilo maturo e consapevole per avere la certezza – con la benedizione di monsieur De La Palice – che la musica riprodotta e la musica dal vivo costituiscono due esperienze umane, prima che culturali, incomparabilmente diverse.

La musica dal vivo non è riproducibile “così com’è” in casa, non tanto per l’ovvia impossibilità da parte di qualsiasi sistema di pre e post produzione di realizzare supporti che possano riprodurre l’evento dal vivo tal quale come nella realtà, ma per l’attuale impossibilità di imprigionare il tempo.

La musica è tempo e il tempo, a partire dall’istante più infinitesimo che possiamo immaginare, passa una sola volta nella vita e poi mai più, muore e scompare per sempre in quanto unico e irripetibile. Altrettanto vale per la musica imprigionata sui supporti: lei non esiste più, esattamente come non esistono più i fiori e i frutti di una natura morta appesa al muro.

Però esistiamo noi, che con l’umana capacità di astrazione ed empatia, ascoltando musica con i nostri super sistemi, ricreiamo nelle nostre menti l’illusione che gli artisti vivi e quelli morti suonino ancora per noi quelle stesse note ormai decadute nell’eterno silenzio di tutte le cose passate.

A casa quindi non viene a mancare l’evento artistico e neanche il coinvolgimento psico-fisico, ma l’elemento “vita”. Non c’è un artista vivo davanti a me che io possa vedere, toccare, annusare (talvolta capita… ). Non posso percepire fisicamente in qualche modo la sua energia vitale, così da godermi la sua arte nel momento stesso in cui accade.

Chiarito questo con me stesso, ho potuto finalmente gettare le basi per la mia personale ricostruzione culturale e poi quella materiale del mio vecchio/nuovo impianto stereo ad alta fedeltà.

A questo punto una domanda sorge spontanea…

Allora a Cosa Serve un Impianto Hi-Fi e/o Hi-End?

A riprodurre in modo ottimale ciò che è contenuto in un supporto musicale.

Questo è il solo e angusto spazio entro il quale (non dobbiamo mai dimenticarlo) ci è concesso operare come appassionati. 

Quindi, che il nostro impianto sia costituito da un ampli integrato, una sorgente e due casse o che sia composto da oggetti multimilionari, la sola cosa che esso può fare, nonostante i poteri esoterici o taumaturgici che alcuni vorrebbero attribuirgli, sarà solo riprodurre LP, CD, nastri magnetici, file in locale o in streaming entro i loro limiti, niente altro che… “musica dal morto” (cit. Lorenzo Zen), fin dove le leggi della fisica, le tecniche e le tecnologie impiegate nei nostri apparati consentono.

Cosa fa un un impianto Hi-End che la normale Hi-Fi non può proprio fare?

Concettualmente è semplice, praticamente no: riprodurre il suono naturale degli strumenti acustici in modo, appunto, naturale. 

Un singolo suono naturale è composto dall’armonica fondamentale e dalle sue armoniche secondarie. 

Porto un esempio pratico: quando faccio vibrare, poniamo, il LA della corda di una chitarra acustica, l’armonica fondamentale di 440 Hertz è accompagnata da una serie di multipli interi di essa, a più bassa ampiezza ovvero 880 Hertz, 1320 Hertz e così via.

Un impianto ad alta risoluzione dovrebbe riprodurre in modo pedissequo quella stessa nota in tutta la sua purezza, ampiezza e complessità, porgendola all’apparato uditivo per come la ascolteremmo nella realtà: armonica fondamentale, serie di armonici multipli correttamente strutturati e dal decadimento naturale, senza aggiunte di rumore né distorsioni di sorta. 

Il non facile compito di un sistema Hi-End è primariamente quello di essere silenzioso, cioè di nascondere al nostro udito il rumore causato dallo scorrere della corrente all’interno dei suoi componenti attivi e passivi; abbassare ai livelli minimi possibile ogni forma di distorsione e vibrazione, per trasmettere da un capo all’altro della catena audio il segnale musicale in transito, nel modo più integro e intelligibile possibile. 

Perché è dalla qualità del silenzio infrastrumentale (il “fondo nero” tanto caro a noi audiofili) ovvero dalla capacità di rendere udibili i micro dettagli, le micro escursioni dinamiche (micro contrasto) emesse dagli strumenti musicali e le informazioni ambientali, che il messaggio sonoro viene completato fino a ricreare, a grandezza naturale, la perfetta sensazione di poter individuare precisamente e distintamente l’una dall’altra le sorgenti sonore, all’interno di una scena acustica ampia e ariosa in tutta la sua complessità ed espressività. Il tutto all’interno di una estesa risposta in frequenza, nel pieno rispetto dell’equilibrio tonale.

Fotografie della sala d’ascolto di Rocco Ianni (per gentile concessione): sala d’ascolto progettata e costruita per ospitare l’impianto stereo tutto Burmester, con linea elettrica e trattamento esclusivo per gli apparati audio.

Un sistema di alto livello deve avere la capacità di risolvere la macro dinamica in modo naturale, cioè senza strappi o lentezze sia nell’attacco che nel rilascio dei transienti di qualsiasi entità, a qualsiasi frequenza e complessità del programma musicale, senza minimamente modificare la stabilità e la risoluzione della scena acustica, lasciando tutti i dettagli degli strumenti naturalmente inseriti all’interno del discorso musicale, esprimendosi il più possibile in modo fluido e rilassato.

Però… Se ‘na voce e ‘na chitarra possiamo riprodurla in modo soddisfacente praticamente ovunque, persino alle fiere di settore, ben altro è ascoltare nitidamente e in modo credibile un quartetto Jazz composto da pianoforte, tromba, contrabbasso e batteria, a volumi realistici. 

Se siamo appassionati di musica sinfonica o operistica e vogliamo che orchestra, coro e cantanti vengano riprodotti in tutta la loro primigenia opulenza, complessità, dinamica, espressività e realismo, tutto quel pistolotto appena fatto sulle armoniche e il silenzio rischia di andare a farsi friggere, perché a fronte di un aumento della pressione sonora a tutte le frequenze della banda audio (e in alcuni casi anche oltre), il primo anello della catena di riproduzione a cedere molto probabilmente non saranno le elettroniche ma l’ambiente, che a causa delle riflessioni, rifrazioni, riverberi, onde stazionarie etc. comprometterà inevitabilmente la qualità dell’ascolto.

Qual è il Mantra dell’Audiofilo Consapevole?

La condizione necessaria affinché un impianto stereo possa definirsi audiofilo, è che esso sia installato in un ambiente le cui caratteristiche influenzino il meno possibile negativamente la corretta riproduzione musicale. 

Trattare l’ambiente d’ascolto potrebbe non essere necessario se esso è arredato con librerie, tende, divani, suppellettili, tappeti (da valutare) dalle caratteristiche e posizionamento tali da minimizzare l’effetto negativo delle riflessioni e delle onde stazionarie. 

Nei casi più frequenti devono essere usati e posizionati in modo scientifico, pannelli diffrattori e/o diffusori, assorbitori, trappole per bassi etc. 

Nei casi difficili invece l’aiuto di un bravo professionista è consigliato per giungere alla soluzione ottimale in tempi brevi, ottimizzare la spesa (che potrebbe non essere comunque trascurabile) e soprattutto per installare, in modo anche strutturale, i trattamenti necessari una volta per tutte.

E poi c’è l’energia elettrica, che arriva da una centrale lontana lontana, trasportata fino nelle nostre case da lunghi e pesanti cavi d’acciaio e bla bla bla… Ebbene quella “corrente” è fortemente inquinata e, ovviamente, lontanissima dal presentarsi ai primari dei trasformatori di alimentazione dei nostri preziosi componenti Hi-Fi come una sinusoide pura.

Al contrario, essa come minimo inietta nelle nostre case sbalzi di tensione, spurie di ogni genere a banda larga e larghissima, tensione continua.

Quest’ultima è sgradita ai trasformatori a lamierini, perché quando attraversati da essa prendono ronzare, invece è proprio indigesta ai toroidali, ai quali bastano poche decine di millivolts per far saturare i loro nuclei e addio al corretto funzionamento dell’elettronica.

A quale scopo ascolto musica: per semplice intrattenimento o per fini culturali e crescita personale?

Questa domanda ci indica una prima direzione da prendere, risolvendoci la maggior parte dei dubbi e facendoci risparmiare tempo, denaro e inutili frustrazioni (che pure non mancheranno). 

In generale chi desidera  ascoltare musica in modo disimpegnato, come sottofondo o feste con gli amici, non avrebbe bisogno di dotarsi di apparecchi elettroacustici di fascia altissima.

Chi invece ama ascoltare musica per addentrarsi sempre più nel meraviglioso mondo dell’arte di Euterpe, al fine di accrescere la propria preparazione culturale; udire in modo completo e coerente ciò che è contenuto nel supporto prescelto; partecipare emotivamente all’evento in riproduzione empatizzando con gli artisti, è ovvio che questi abbia bisogno un impianto ad alta risoluzione.

Un sistema di riproduzione di ottima qualità, ben messo a punto può essere in grado di far provare al suo fruitore emozioni di qualità sempre più profonde, tali da toccare le corde più intime dei propri sentimenti.

Quale Impianto Stereo per la mia Musica Preferita?

L’assunto ancora popolare presso alcuni circoli audiofili vuole che «un buon impianto debba suonare bene con tutto». In realtà le cose non stanno esattamente così: un impianto generalista può soddisfare una persona dai gusti eterogenei e va benissimo così. 

Fortunatamente è possibile assortire sistemi più inclini a riprodurre meglio la musica acustica ed altri la musica con strumenti elettrici ed elettronici. Basta sapere (e decidere) quale filosofia di riproduzione abbracciare, per trarre maggior piacere dalla propria musica preferita.

Faccio un esempio: un impianto i cui diffusori sono elettrostatici puri o monovia, difficilmente riprodurranno le grancasse della musica Rock con il giusto punch e il basso elettrico con il dovuto peso, benché alcune di esse scendano molto in frequenza.

Al contrario, ascoltare musica rinascimentale o da camera con casse tipo, tanto per fare un nome, Cerwin Vega, non è la soluzione ottimale, proprio come risultato sonoro.

C’è una terza categoria di diffusori che si presta bene a riprodurre ogni genere di musica, con la massima fedeltà possibile: i monitor professionali da studio, di alta qualità.

Quindi la risposta al quesito di partenza è: ci penso un attimo, m’informo, analizzo la mia situazione cercando di capire cosa voglio, cosa davvero vada bene per me e poi decido.

Perché Utilizzare un Impianto Stereo non Impegnativo per l’Ascolto della Musica Commerciale?

La domanda, apparentemente peregrina, è secondo me molto utile perché ci pone di fronte a due risposte, una di tipo tecnico e una di tipo economico: la stragrande maggioranza della musica cosiddetta commerciale è spesso pesantemente rimaneggiata in post produzione.

Tanti lavori sono prodotti male già all’origine, magari perché fatti in economia o datati o per precise scelte commerciali, come il risparmio sui costi di produzione o, peggio, come la pestifera loudness war. Dunque perché spendere più di quanto necessario per ascoltare musica pop?

Ma… c’è sempre un ma. Conosco una persona che ascolta prevalentemente LP hard rock e heavy metal con una costosissima testina artigianale e impianto di pari livello. Alla fine devo dire che ha ragione anche lui, perché con il suo set-up quella musica, che io conosco benissimo, diventa materica, pulsante, viva, realistica e fortemente emozionante.

Forse perché quello stilo cava fuori dai solchi tutto ma proprio tutto quanto vi è inciso, con gran piacere e soddisfazione del proprietario e uditori di turno.

Perché Utilizzare un Impianto Stereo Molto Impegnativo per l’Ascolto della Musica?

Perché dispongo delle competenze e il budget necessario all’acquisto di oggetti di alto livello ovvero tecnicamente e sonicamente al top; ho una stanza ampia a sufficienza, trattata opportunamente per ospitare diffusori a gamma intera, che mi permetteranno di ascoltare la musica in modo completo ovvero fino ai 27,5 Hertz della nota più bassa del pianoforte grancoda. 

Perché ascoltare in modo completo e coerente tutto quanto inciso nei vari supporti, in ogni sfumatura sonora, ci permette di comprendere a fondo l’esecuzione, potendo distinguere lo stile, il carattere, l’umore degli artisti attraverso ogni loro gesto, riuscendo così ad assaporare profondamente ogni composizione musicale, ponendoci nelle migliori disposizioni per godere completamente la musica, raggiungendo stati sensoriali ed emotivi sempre più profondi, proprio come accade dal vivo.

Hi-Fi o My-Fi?

Quello in titolo è un argomento divisivo fra gli audiofili di lunga pezza, per la serie: Fraintendiamoci Bene!

Per quanto ci si sforzi a parole nel cercare di spiegare (e auto convincersi) che un contrabbasso è sempre un contrabbasso e un pianoforte è sempre un pianoforte io nella mia vita, per millemila motivi, non ho mai sentito due contrabbassi o due batterie e manco due pianoforti o più chitarre acustiche suonare uguali né dal vivo, né in nessuna registrazione in mio possesso (ne ho qualcuna… ).

Non solo, non ho mai sentito neanche gli stessi brani suonare uguali in nessun impianto Hi-End, perché – a parità di qualità – ognuno interpretava in modo diverso, magari solo per qualche sfumatura, il messaggio sonoro, ricreando sempre e comunque l’illusione di avere davanti a sé voci e strumenti veri. Ancora di più: mai sentito lo stesso strumento musicale suonare, davanti a me, nello stesso identico modo con musicisti diversi.

E allora? Cosa accidenti cambia ogni volta? 

Secondo me a parità di coinvolgimento, grazie alla qualità dell’ascolto e al realismo della riproduzione, cambia la nostra elaborazione del percepito. Perché siamo noi più propensi a cogliere certe differenze intrinseche di ogni sistema e il cervello a decidere quale tipo di suono preferiamo. 

E non siamo sempre noi che usciti fuori dalla sala del concerto, dal cinema, dal teatro ma anche dal ristorante, abbiamo tutti un’opinione diversa rispetto agli altri riguardo ciò che abbiamo udito, visto, vissuto, assaporato etc. 

Siamo così, siamo umani e per questo inconciliabilmente diversi in tutto.

Quindi?

Se a casa tua il contrabbasso ti sembra un vero contrabbasso e il pianoforte ti sembra un vero pianoforte, ma soprattutto se le voci sono realistiche, qualunque assortimento di elettroniche tu abbia… sei arrivato! O quasi, perché c’è sempre l’affinamento delle prestazioni globali, che quelli bravi chiamano “fine tuning”.

Quale Metodo Usare per Comporre il proprio Impianto?

Se lo scopo principale è la musica e non il gioco o il collezionismo, secondo me prima di ogni altra cosa bisogna fare i conti con il proprio archivio emotivo. 

E poi con la propria disponibilità economica. 

Al primo devi chiedere di rammentarti quale tipo di suono ti procura più emozioni, su quali strumenti la tua attenzione pone maggiore interesse/attenzione e partire da quel dato per costruire non il tuo impianto ma il suono in cui ti riconosci, quello che ti dona maggior piacere e intimità, che ti tiene incollato alla musica senza mai stancarti, quello che ti manca già prima di spegnere tutto.

Come fare? Leggere le recensioni delle riviste specializzate (sia cartacee che online) potrebbe aiutare a scegliere quali apparecchi cominciare ad ascoltare. 

Frequentare i gruppi di Facebook non è proprio la soluzione se sei un neofita. 

Si può individuare un negozio di fiducia (dove non ti fanno una testa così ed ogni cosa che hanno loro non è meno che sublime) e programmare col negoziante un programma di ascolti mirati, dove alla fine acquistare, senza farsi prendere dalla tentazione di fare il “colpaccio” su internet, perché il servizio che vi offre un negoziante serio ripaga sempre della somma sborsata, non foss’altro per il servizio di pre e post vendita.

Le domande da non fare mai: 

  • qual è (ad es.) lo streamer o l’amplificatore o il cavo migliore? Perché la sola risposta logica e onesta possibile è: “dipende”.
  • quale apparecchio è migliore, questo o quello? Senza indugio alcuno anche qui la risposta esatta è ancora una volta: “dipende”.

Dipende da cosa? 

Dipende da te, dalla tua situazione logistica, dagli interfacciamenti con la tua catena etc.

Per la spesa da affrontare invece… a piacere e sentimento.

E le Misure?

Vale la pena ricordare una volta per tutte che mostrare un set di misure che abbiano un senso pratico per l’audiofilo medio basta poco: la linea della risposta in frequenza, possibilmente piatta come una tortilla; i numerini della distorsione, che “devono” essere piccoli piccoli, e (quasi) tutti si sentono tranquilli e rincuorati.

Io continuo a chiedermi perché in molti ormai hanno bisogno di apprendere informazioni grafiche, oltretutto in modo parziale, su ciò che poi verrà usato dal sistema uditivo… 

Rinunciare all’esperienza sensoriale, delegando le macchine per formarsi una propria opinione è un grave segno di debolezza caratteriale.

Solo tecnici esperti in campo audio possono ipotizzare come suona un’elettronica o un diffusore, quando le misure sono rilevate da laboratori all’uopo attrezzati. Perché saper correlare gli esiti dei test al suono è una forma d’arte, che matura con lunga esperienza nello specifico ambito audio.

Tutti gli altri, specialmente l’utente medio, dei vari gruppi social, anche quelli con qualche conoscenza di elettronica, invocano a pappagallo “le misure” – che comunque non saprebbero mai correlare al reale suono di quel dato oggetto – però fa sentire superiori.

Per capire come funziona realmente il nostro caro mondo dell’alta fedeltà, basta andare dietro le quinte, laddove i professionisti operano lontani dai riflettori. Io suggerisco di cercare gli scritti di Bartolomeo Aloia (potete chiederli direttamente a lui) o di seguire i video dell’ingegner Enrico Rossi di Norma Audio e dell’icona italiana delle misure ai sistemi di diffusori, Gian Piero Matarazzo (posto due link d’esempio), per scoprire che questi uomini di scienza ascoltano e misurano, misurano e ascoltano, a differenza di alcuni pseudo audiofili zuzzurelloni.

https://www.youtube.com/@NormaAudioElectronics

Conclusioni

Come forse avrete notato non mi sono schierato in favore di nessuna filosofia di riproduzione. Dico solo che dopo aver ascoltato molte cose alla fine ho le mie personali preferenze, così come ognuno di voi ha le sue.

Ritengo sia di fondamentale importanza, per serietà personale e per fare corretta informazione, non diffondere opinioni per sentito dire, campate in aria o per avversità/preferenza verso un marchio, una tecnologia etc.

Faccio un esempio: “il vinile è caldo” (e quindi in estate solo CD perché è freddo?); i diffusori a tromba e i monitor proiettano la musica in avanti (le trombe audio Hi-End, col giusto crossover e correttamente installate, secondo me, non hanno eguali. I monitor da studio, che non siano giocattoli da quattro soldi, assolutamente no) e poi sui diffusori reflex contro cassa chiusa; cavi audiofili contro i “fili della corrente” (che secondo alcuni semplicioni suonano uguali, nonostante i primi siano progettati per trattare tensioni da 20Hz a 20.000Hz e nell’altro solo 50Hz fissi) e via ciarlando. 

Però gli audiofili pure… vedo in preamplificatori da diverse migliaia di Euro potenziometri del valore di mezza pizza e connettori da ferramenta, collegati a cavi del costo di mezzo SUV, un SUV, un SUV e 1/2…

La parolina magica, tutt’altro che segreta, perché regola l’Universo è… equilibrio! Tutto in Natura funziona a meraviglia laddove vige equilibrio. E questo vale anche per l’Alta Fedeltà, oltre che nella vita.

leggi Essere audiofilo (cap.1)

leggi Essere audiofilo (cap.2)