Agnini e Zuffanti sono anche grandi appassionati della corrente più esoterica del progressive, sia italiano che internazionale, e la musica che compone questo primo album è la naturale emanazione di queste passioni.
Veniamo al disco. L’opera si compone di due diverse parti: una “femminile”, con due brani interpretati rispettivamente da Beatrice Antolini e da Jenny Sorrenti (con gli interventi di Max Manfredi), e una “maschile” con le voci di Matteo Merli e Claudio Milano.
La prima parte è maggiormente avventurosa e spinge la musica de La Curva di Lesmo verso atmosfere folk, pop, elettroniche, new-prog e sinfoniche. La seconda parte è maggiormente classica con una lunga suite progressive che ricorda molto il lavoro di Zuffanti con La Maschera di Cera.
Ad aprire l’album è “la posa dei morti”, traccia di chiara matrice sinfonica. Persa nel limbo tra realtà ed immaginazione, Beatrice Antolini si ritrova catapultata nelle inquietanti ambientazioni dei fumetti horror. La sua voce, ora isterica ed alienata, genera una terrificante fuga che il lavoro all’ organo e chitarra rendono ancor più sinistra. L’atmosferico mellotron placa la tensione richiamando il tema iniziale per poi lasciare spazio alle vivaci melodie di organo e tastiere sulle quali svetta l’eccellente assolo della Marsano. In chiusura un malinconico carillon accompagna Beatrice nel suo etereo e mesto commiato.
“L’isola delle lacrime” ha la trama di un racconto gotico di fine ‘800 ed è un brano di matrice esoterica. Le cangianti sfumature vocali di Jenny Sorrenti ben si prestano ad interpretare le innumerevoli variazioni umorali del brano. Agnini e Zuffanti guidano la lunga traversata accompagnati dalle vivaci percussioni di Lombardo e dai lirici violini di Ingenito e Trabucco, mentre il flauto di Romano, la chitarra classica di Gremo e la fisarmonica di Scherani lasciano affiorare all’orizzonte melodie mediterranee.
“Ho rischiato di vivere”, scritta da Angini e musicata da Zuffanti è una suite di cinque movimenti.
Ad aprire è la dolorosa “ho rischiato di vivere, parte prima”, caratterizzata da un incedere lento e marziale, suoni minacciosi e toni solenni. In “ritratto di donna in nero” il malinconico pianoforte di Boris Valle, in un moderno lied, accompagna dapprima una fredda declamazione in tedesco e a seguire un intenso e teatrale canto maschile, cui fanno eco gli aerei vocalizzi dell’ ottima Sorrenti. Sl finale ci si lancia una sfrenata corsa che coinvolge le macchine di Agnini, il violino della Trabucco, la graffiante chitarra della Marsano, dando così sfogo all’ugola di Matteo Merli, vocalist eccellente. L’idea ricorda vagamente le soluzioni sinfoniche dei Baustelle di “fantasma”.
Più intimo è il clima di “memoriale” scaldato dalle soluzioni acustiche e da stratificati giochi vocali che nuotano nelle oscure trame dark prog di “gargoyle”, cui fa da sfondo un angosciante racconto gotico.
Nella conclusiva “ho rischiato di vivere, parte seconda”, invece, il tema iniziale vira verso la classica solennità delle opere rock Zuffantiane, rievocando palesemente alcuni capitoli di Hostsonaten e La Maschera di Cera.
E’ un disco pieno di idee, ben suonato e ben cantato, a me piace molto: