I Maneskin sulle ali del voto popolare scavalcano gli artisti francesi e svizzeri meglio piazzati dopo il voto della giuria di qualità.
Con oltre venti milioni di download su Spotify il gruppo rock italiano era largamente favorito alla vigilia e tuttavia, il voto della giuria di qualità, aveva minato la convinzione che potessero agguantare lo scranno più alto dell’Eurovision Contest 2021.
Poi, il balzo in avanti del gruppo rock ucraino che con 267 voti è saltato da metà classifica direttamente in testa, ha lasciato presagire ottime cose per Damiano & Co., stanti alcune analogie musicali che lasciavano immaginare un gradimento del pubblico del televoto per il genere rock.
E così, arrivano come una bordata da nave da guerra, i 318 voti della media ponderata del televoto popolare, il cui meccanismo, impediva ovviamente il voto da ciascun paese d’origine per il proprio artista in gara.
I Maneskin balzano in testa alla classifica e murano ogni tentativo di scalata degli agguerriti svizzeri e francesi.
Quella dei Maneskin è una vittoria meritatissima per almeno 3 buone ragioni:
- musicalmente “zitti e buoni” era senza ombra di dubbio il miglior brano in gara per qualità degli arrangiamenti, del riff e del wall of sound.
- sul piano del testo, zitti e buoni è espressione della naturale propensione alla differenziazione anagrafica e sociale tipica di un gruppo appena post adolescenziale; può non comprenderlo un adulto culturalmente ingessato ma il messaggio è certamente foriero di una fisiologica ribellione universale vecchia come la notte dei tempi ma non meno degna d’essere urlata da ogni generazione passata e futura.
- la presenza scenica dei Maneskin, sebbene ancora acerba, è senz’altro ascrivibile alle buone prassi della teatralizzazione del rock; fisicità e movenze feline del frontman la fanno da padrone ma lo spazio scenico è ben occupato da tutto il gruppo, senza sovrapposizioni nè stucchevolezze tipiche dei gruppi pop che si sono esibiti sullo stesso palco dell’eurocontest.
Last but non least, nel Medioevo musicale rappresentato dalla trap music con tutte le sue forzature scenografiche e stilistiche, il buon Rock dimostra ancora vitalità e ampio seguito di un pubblico anagraficamente e demograficamente trasversale, come il televoto ha ben dimostrato.
I Maneskin non saranno i nuovi Rolling Stones; Damiano non avrà il pelo sullo stomaco di Joe Strummer e Victoria non è la nuova Tina Weymouth (sebbene suoni il basso probabilmente anche meglio).
Usano emulativi stilemi “vintage” e appaiono di tanto in tanto didascalici.
Il Ballo della Vita, loro album d’esordio non è “astonishing” come Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not delle “Scimmie Artiche” e tuttavia, è ricco di spunti musicali originali ancorché spesso insabbiati nel succitato didascalismo del manuale del Rock; “so ragazzi” e si faranno, non v’è dubbio.
Da stasera, i nostri italianissimi Maneskin, sono nei sistemi di puntamento di 140 milioni di telespettatori mondiali e questo semplice dato fattuale, inorgolisce (o almeno dovrebbe), ogni singolo abitante dello Stivale. Non sembra, ma è tanto. Rock and Roll Never Die.