Tony Allen – Rejoice (World Circuit LP WCV094 – World Circuit Hi-Res 24bit 96kHz)
Sarò scemo (uso il condizionale per convenzione, so perfettamente di non essere del tutto avvitato) ma quando ho sentito la batteria di Tony Allen, nel video di lancio del suo ultimo album con Hugh Masekela , le lacrime mi sono scese da sole… Forse perché in qualche vita precedente fui un percussionista africano o forse perché quel rullante così teso, quella cassa così profonda e vibrante mi ha ricordato il giovane batterista che io tentai di essere.
Il fatto è questo: la batteria è il monumento centrale di tutto l’album. È ossessiva, ripetitiva, irritante, ipnotica, erotica ed infine terapeutica.
Con la giusta prestanza fisica Rejoice lo si potrebbe usare per accompagnamento ad un parossistico pomeriggio di sesso; per una camminata a perdifiato fra i palazzi di città o in mezzo agli alberi d’un bosco; per stare lisergicamente immobili sul divano o per farsi scoppiare il cuore contestualmente a qualsiasi altra attività richieda istinto, non coscienza.
Nel profondo, sublime silenzio di questi tremendi giorni di quarantena, il drumming di Allen è l’unico battito degno di irrompere, di squarciare, di distruggere, di incedere, di infastidire la monotonia del quotidiano copia incolla che sto/stiamo vivendo.
I tempi asimmetrici, sincopati, poliritmici sono diversi in ogni canzone ma uguali – circolari in realtà – per tutta la durata del pezzo.
Allen è il vulcano che brontola, che minaccia, che incombe. Ma Hugh Masekela è il crocifisso sulla sua cima innevata.
Allen è la carne, la polvere, il sole caldo della Savana. Masekela è lo spirito, l’aria, il ristoro dell’oasi.
Lo chiamano Jazz ma è umana profonda cultura. Di Jazz qui c’è solo l’accento, la codifica ma è Musica. Pura semplice, grande musica!
Tony e Hugh sono abbastanza vecchi da portarsi dentro tutto il loro vissuto musicale del quale probabilmente fanno parte Bach, Wagner e Schönberg, Michael Jackson, Muddy Waters, Frank Sinatra, Miles Davis, John Coltrane, Art Blakey la cui risultante però è ciò che urge alla loro anima, perché alla fine è lei a scegliere cosa mostrare.
Dunque abbiamo almeno tre continenti in un solo album: Africa, America, Europa (con l’Asia posizionata nella memoria genetica del Jazz) rappresentati dall’arte di due giganti della musica del ventesimo e ventunesimo secolo.
Tony Allen fu, insieme a Fela Kuti, uno dei padri dell’Afrobeat ed in quanto tale porta avanti la sua tradizione, dalla quale attinsero a piene mani molti “genietti pallidi” negli anni ’80.
Mi rendo conto che Rejoice può non essere musica per tutti, nonostante Hugh Masekela sia noto agli audiofili quasi solo per “Stimela”, la famosa canzone del treno, e Tony Allen sia un nome di facile presa. Quello che ci vuole è l’attitudine all’ascolto.
Non suonano per noi ma per loro stessi, dunque non capirà solo chi non è abituato prestare orecchio restando in disparte.
Gode chi è capace di lasciarsi andare alle pulsioni di Allen, al lirismo astratto ora lampeggiante, ora diafano di Masekela.
Il messaggio arriva se il corpo non è mai stanco di battiti, di scansioni, di vibrazioni e poche variazioni di flicorno, di contrabbasso.
Lo so, attualmente greggi di adolescenti conquistano sempre più visibilità e palcoscenici, armati dello scatolotto elettronico avuto in regalo dalla nonna, il giorno del loro quindicesimo compleanno (lo smartphone lo hanno avuto all’asilo e il PC alle elementari), mentre oggi qui abbiamo un paio di ottuagenari che suonano per davvero strumenti veri, accompagnati da un manipolo di giovani musicisti di talento.
E siccome, per fortuna, non tutti seguono “liberamente” la dieta suggerita dalla mosca verde, il vinile sul sito della World Circuit è andato tutto esaurito il primo giorno della sua uscita: il 20 marzo.
Sono uno dei fortunati che è riuscito ad ordinarlo in prevendita e riceverlo subito; per non farmi mancare nulla, ho scaricato anche i files ad alta risoluzione, perché anche loro hanno un senso, un diverso modo di rappresentare la stessa arte.
Buone notizie per gli audiofili.
Con questo lavoro Nick Gold, patron della World Circuit, da sempre molto attento alla qualità sonora delle sue produzioni, si è superato!
La batteria amici… la batteria la sentirete esattamente come la sentono i batteristi dal loro sgabello o come voi foste ad un metro da essa.
Il rullante è al momento il “più perfetto” che mi sia mai capitato di ascoltare: cattivo e reattivo. Il suo suono è pazzesco: secco ma non troppo e scoppiettante al punto giusto.
Se ne percepiscono i minimi accenti ed ogni minima vibrazione della cordiera. Stessa qualità i tom, ricchi di informazioni: dal colpo secco della bacchetta alla immediata vibrazione della pelle, ricca di ogni sfumatura legnosa.
Un capolavoro anche la ripresa della grancassa, profonda, vibrante al punto giusto e ricca di armoniche. E che dire dei piatti? Anche loro sono una cornucopia di vibrazioni e propagazione di armoniche.
Con la stessa filosofia sono stati trattati tutti gli altri strumenti. Anche per questo la pelle d’oca affiora ad ogni cavata del contrabbasso, ad ogni squillo di flicorno.
Meno male che c’è la musica!
Mai come oggi credo nella famosa frase di Friedrich Nietzsche: “senza musica la vita sarebbe un errore”.
E sarebbe un errore non considerare caposaldo della musica moderna il grande contributo africano, qui testimoniato non solo nella sua essenza ma anche nella sua profonda radice umana, artistica e antropologica.
leggi altra recensione di Antonio Scanferlato