Giuseppe Marangoni, strumentista vissuto nel secolo scorso, in una lettera indirizzata a un suo collega, definiva il contrabbasso come “Cetaceo Istrumento” riferendosi non solo alle sue dimensioni ma anche alla difficoltà nel comporre qualcosa di musicalmente accettabile.
Percorriamo per sommi capi la storia del gigante ad arco:
Tra gli strumenti a corda, il contrabbasso ha alle spalle una storia piuttosto tormentata, con ruoli di contorno, di rinforzo o di raddoppio. Deriva dall’antico Violone dove la tastiera era suddivisa in tasti (simile alla chitarra) per delimitare in modo esatto le note.
Fino al XVI secolo non avrà la sua attuale definizione e i liutai delle scuola bresciana e cremonese non mostreranno particolare interesse, forse a causa della difficoltà nella lavorazione del legno su dimensioni così grandi. Probabilmente lo stesso Stradivari ne costruirà qualche modello ma solo come mera sperimentazione costruttiva, inoltre non si conoscono modelli ancora esistenti.
Il primo liutaio da annoverare tra coloro che ne definiranno forma e dimensioni è Giampaolo Maggini (1580-1632). I suoi strumenti sono finalmente ben curati, con doppia filettatura, legno di qualità e verniciatura dal colore marrone scuro.
Strumento faticoso nel suo utilizzo, ha nonostante ciò, visto tanti strumentisti-compositori trascorrere intere vite atte a svilupparne una tecnica specifica e a creare composizioni degne di nota. Oltre al già citato Marangoni, con numerose composizioni tra cui un ottimo concerto in La maggiore, ricordiamo Dragonetti, ma soprattutto Giovanni Bottesini.
Da ascoltare è il suo Grano Duo per violino e contrabbasso. Una diceria che corre nei vari Conservatori vuole Bottesini come violinista mancato, a causa della mancanza di posti disponibili nelle classi di violino. Dovette optare controvoglia per la classe di contrabbasso, ma col tempo la passione, la caparbietà e la voglia di diventarne il primo vero virtuoso, lo porterà a comporre brani estremamente difficili, tanto da meritarsi l’appellativo di “Il Paganini del Contrabbasso” . Proprio nel Gran Duo, è evidente la sfida tra due strumenti lontani nella tessitura ma comunque appartenenti alla stessa famiglia: video.
Il direttore d’orchestra Sergej Koussevitsky, anch’egli contrabbassista, comporrà un concerto che rimane ancora oggi uno dei brani più popolari scritti per questo strumento: video.
In tempi più recenti, il felliniano Nino Rota scriverà un Divertimento per Contrabbasso e Orchestra: video.
Nel Jazz perderà la denominazione di strumento ad arco, trasformandosi in cordofono a pizzico. Il suo ruolo risulterà determinante anche nella struttura ritmica dei brani: la tecnica del walking è un momento esaltante dove le note veloci e continue danno l’idea di una vera camminata.
Ma questa è un’altra storia.