Dalla Press Room del MOC.
Buona la prima. A metà della tre giorni bavarese, lo staff di Audio Sinapsi, presente con Carlo Elia, Imer Azzani e Cosimo De Franco, raccoglie dati, impressioni e buone sensazioni. Scriveremo tanto, scriveremo a nostro modo, con lo stile emozionale e diretto che caratterizza Audio Sinapsi.
Nessun cerchiobottismo e questo è il dato certo per i nostri lettori. Scriviamo di quel che ci piace, ignorando quel che non smuove l’alluce.
Gran cazzuti gli amici “crucchi”. Organizzativamente impeccabili ma che ve lo dico a fare. 500 espositori e 900 marchi, racchiudono la misura di questa imponente fiera del settore che appare viva, vegeta e con un pubblico stratificato, tutt’altro che noioso e ripiegato su se stesso come ahimè, quello italiano.
L’Europa a due velocità è pienamente espressa anche qui e non v’è modo di sottrarsi all’evidenza di questa realtà.
Tanti gli estremi: dai megaliti che invadono la vista (e la stanza) ma spariscono all’ascolto, alle pulci che urlano con forza il diritto di rappresentare se stesse nella sempre più presente categoria degli ascolti near field (intimità cercata o mediazione da Wife Acceptance Factor?).
Tanti i brand italiani d’eccellenza, sui quali stenderemo un occhio tifoso, certi di non raccontare balle. Perché se c’è una certezza che a metà evento è estremamente chiara, è la capacità tutta italiana di interpretare l’arte di cui la musica è parte, secondo una via autonoma e totalmente differente dal resto del mondo.
E se questo, per molti anni, è stato il tallone d’Achille del settore nostrano, apparentemente slegato dal trend pseudo-neutrale e iper-realistico, oggi è più che mai il punto di forza dell’Italian Sound, orgogliosamente interpretativo, amabilmente romantico, eccezionalmente “musicale” nell’accezione migliore del termine.
Ne parleremo, oh sì, se ne parleremo.
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