Essere audiofilo
L’idea di scrivere questo articolo, ed altri che (con calma) seguiranno, ce l’ho da diverso tempo. Ma la spinta a premere i tasti mi è arrivata da alcuni video “acchiappa click”, zeppi di beceri luoghi comuni, immense cretinate e insulti di vario tipo a danno di una delle comunità, quella degli audiofili, più pacifiche del pianeta e contro una delle passioni più acculturanti, insieme a quella per la lettura, per il cinema e il teatro.
Cos’è l’audiofilia?
Secondo il dizionario italiano di Google, fornito da Oxford Languages, l’audiofilia è: “passione per l’ascolto musicale di alta qualità in ambiente domestico, attraverso la ricerca di una minima distorsione della riproduzione sonora, grazie all’impiego di apparecchiature e tecnologie ad altissime prestazioni”.
La definizione sopra citata si avvicina alla verità, cogliendola però solo di striscio, perché l’audiofilia esiste da sempre ed è pura e semplice passione per il buon suono. Un po’ come la passione per la buona cucina vissuta dai gourmand per il cosiddetto pornfood, cioè il buon cibo e oggi lo siamo un po’ tutti, con la fondamentale differenza che a costoro nessuno rompe le scatole.
Quando nasce l’audiofilia?
La passione per il buon suono nasce quando l’essere umano, soddisfatti i suoi bisogni primari, ha cominciato a sentire la necessità di migliorare le proprie condizioni di vita (purtroppo non quelle dell’ambiente in cui vive, ma lasciamo stare… ).
I primi ominidi probabilmente percuotevano legni o sassi per produrre un rumore a loro gradito. Alcuni Neanderthal pare suonassero un flauto ricavato dalla tibia di un orso delle caverne (ritrovamento di Divje Babe, Slovenia). Sessantamila anni dopo alcuni sapiens sapiens usando degli specifici legni, accuratamente selezionati, costruirono tamburi, liuti, chitarre e violini, cercando di ottenere risultati funzionali e acustici sempre migliori.
Ma perché?
Perché Amati, Stradivari e ancor oggi tutti i liutai non si accontentano mai dei risultati ottenuti con le loro mirabili opere?
Perché loro avevano e hanno ancora una visione, un’idea da realizzare e poi perfezionare, un modello da superare non tanto per competizione quanto per l’urgenza di espandere i propri limiti cognitivi e sensoriali oltre il massimo risultato ottenuto fino a quel momento.
Lo stesso identico fenomeno accade oggi con i musicisti professionisti e i loro strumenti, roba che l’audiofilo impallinato risulta un francescano al confronto.
Dunque l’audiofilia è la passione per il buon suono, anzi del miglior suono possibile.
Quando nasce la scienza audiofila?
Tutte le innovazioni tecnologiche rese disponibili a noi consumatori nascono primariamente per scopi scientifici, militari e industriali.
In ambito elettronico il telegrafo (ve lo eravate dimenticati eh?) prima e poi la radio, scaraventarono l’essere umano direttamente nella rivoluzionaria era della comunicazione a distanza e in tempo (quasi) reale.
Aneddoto: nell’anno 1928 divenne famosissimo il trasmettitore a pile OC Ondina 33 – Ondina Soperato dal Baciccia (al secolo Giuseppe Biagi), che pur in avaria ma con la sola frequenza utile di 9 MHz riuscì a lanciare vari S.O.S. che raggiunsero un giovanissimo radioamatore, autocostruttore dilettante russo, il quale fece l’inferno pur di salvare la disastrosa spedizione del dirigibile Italia, guidata al polo nord dal comandante Umberto Nobile.
Io trovo avvincente la figura del ragazzino autocostruttore, che in questa storia coinvolse mezzo mondo e forse per la prima volta, tre categorie di utenti della radio molto eterogenee fra di loro: il giovane inesperto che dette l’allarme; la rete mondiale di appassionati delle trasmissioni radio e i soccorritori, uniti dal solo scopo comune di salvare quelle vite.
A quel punto tutti vollero una radio.
I laboratori di ricerca e sviluppo di tutto il mondo presero sfornare radio sempre più potenti, performanti e affidabili, dotate di dispositivi attivi (le nostre amate valvole) sempre più robuste e durevoli affinché navi, treni aerei e ponti radio avessero meno problemi possibile.
Con le radio domestiche entrarono nelle case dei cittadini programmi musicali ai quali prendevano parte anche intere orchestre, suonando in diretta per i numerosissimi auditori, spesso convenuti da tutto il vicinato per ascoltare le stelle della musica e del canto.
Trasmettere in diretta “la sventurata musica” (cit. Leonardo da Vinci) via etere significava destinarla a perdersi per sempre. Questo non bastò più agli imprenditori dello spettacolo, che pure se la passavano bene, così nacque per loro l’esigenza di fissare le canzoni su di un supporto fisico acquistabile e riutilizzabile più volte. Da qui in poi la storia la conosciamo tutti.
Come al solito la ricerca in campo audio ovvero il lavoro più pesante, approfondito e costoso lo svolgono da sempre le industrie belliche e dell’audio professionale. I militari hanno la necessità di trasmettere e ricevere comunicazioni, specialmente quelle criptate, perfettamente comprensibili, con apparecchi di robustezza assoluta e compatibilità con qualsiasi condizione climatica, di stress termico, meccanico ed elettromagnetico. I professionisti, sia di studio che di palco, invece hanno la necessità di lavorare con elettroniche affidabili e fedeli ai suoni originari.
I costruttori Hi-Fi/End attingono avidamente dalle novità tecniche e tecnologiche industriali e militari, per tentare di rendere i loro prodotti sempre all’avanguardia o almeno citarli nei loro depliant. Penso al kevlar e al neoprene;
ai condensatori elettrolitici a basso ESR e a quelli al film plastico; ai cavi speciali e connettori; ai metalli pregiati; ai vari semiconduttori sempre più performanti.
Mettiamoci tutti con l’anima in pace: è dagli studi professionali che derivano la maggioranza delle idee e le innovazioni più interessanti per la riproduzione musicale: Western Electric, Klangfilm, BBC, per esempio, sfornarono progetti e componenti immortali, alcuni addirittura oggetto di culto ancora oggi. Le aziende che attualmente producono elettroniche e diffusori sia home che pro sono, per esempio, la Manley Laboratory, la Dynaudio, la ATC.
La persistenza e resistenza sul mercato dei tubi termoionici per uso audio consumer è ancora una volta merito dei musicisti professionisti, che ne richiedono in quantità per i loro amplificatori, esigenza fino a qualche anno fa soddisfatta principalmente dalla grande abbondanza di valvole vintage, derivanti dai surplus militari americani e russi.
La famosa rinascita delle valvole in ambito alta fedeltà, a metà degli anni ‘80, alcuni sostengono fu per merito del CD, che – a molte orecchie – suonava quasi sempre come una motosega, prestazione resa sopportabile attraverso l’ascolto dei vecchi e lenti ampli push pull a pentodi.
È doveroso menzionare gli autocostruttori evoluti di tutto il mondo, in particolare quelli giapponesi, perché col loro modo così appassionato e febbrile di sperimentare con originalità, oltre le convenzioni tecniche consolidate, raggiunsero vette qualitative inimmaginabili per qualsiasi apparecchio commerciale.
Quegli avanguardisti del tubo termoionico contagiarono gli smanettoni del globo, spingendo anche loro a replicare i loro progetti o a sperimentarne di nuovi. La riscoperta dei triodi di potenza a riscaldamento diretto (DHT), dal suono fluido, ricco e dinamico come, per citarne solo alcuni, la 2A3; la 300B; le mitiche 211 e 845 fu un loro merito esclusivo.
Il Ruolo dell’audiofilo
Come sopra accennato
è audiofilo colui il quale ama a tal punto la Musica, da voler ascoltare al meglio che può anche quella riprodotta, secondo le sue possibilità economiche, logistiche e soprattutto culturali. Si pensi che, a partire dagli anni ‘60 in Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone la comunità degli audiofili appassionati di musica classica influenzò il modo di produrre la musica da ascoltare in casa, vista la crescente richiesta di ottima musica ben registrata. A quell’epoca infatti appartengono i famosi “dischi dell’età dell’oro”, tuttora ricercatissimi sia per la loro qualità artistica che per quella sonora.
In tempi più recenti la richiesta di buona musica ben incisa portò all’epopea delle ristampe audiophile grade, delle più grandi opere di tutti i generi musicali e alla fondazione di etichette cosiddette… audiophile. Ma non è tutto oro quello che luccica, ne riparleremo in un articolo apposito.
In campo tecnico invece, grazie alla buona musica, alle riviste specializzate, all’assenza di altri “giocattoli” come PC e telefonini con cui trastullarsi, alla disponibilità economica di molti nuovi e vecchi appassionati, fra gli anni ‘60 e ‘80, l’alta fedeltà visse un periodo così florido, che spinse i costruttori a produrre elettroniche più sofisticate e performanti, ma anche molto più costose del classico amplificatore integrato per famiglie.
Fu così che gli americani cominciarono a sfornare finali grossi, pesanti e corazzati come portaerei. Da lì le famigerate frasi di alcuni recensori: “trasformatori generosamente dimensionati”; “condensatori grandi come lattine di coca-cola”; “alluminio finemente spazzolato”; fino all’obbrobrioso “alluminio scavato dal pieno”.
Crebbe anche il numero di amplificatori a valvole, dal classicissimo push-pull, che faceva sempre la sua gran porca figura nelle vetrine dei negozi, sino al preteso esoterismo degli ampli a triodi a riscaldamento diretto, nella cui messa a punto i figli del Sol Levante erano maestri indiscussi.
Fra gli anni ‘70 ad oggi la scelta di qualsiasi dispositivo per l’ascolto della musica è cresciuta sino a diventare abnorme. Ad un neofita il comporre con criterio un buon impianto di qualsiasi livello può sembrare un’impresa disperata. Come dargli torto?
La soluzione non è affatto semplice, perché i negozi da visitare cominciano ad essere un po’ pochini, affidarsi all’amico è come dirlo al mitico cuggino sottuttoio e chiedere aiuto ai gruppi Facebook è come darsi volontariamente in pasto agli alligatori.
Come fare allora?
La soluzione nessuno ce l’ha in tasca ma qualche aiutino queste pagine, spero potranno fornirlo, con i prossimi articoli.
Intanto vi rivelo la prima regola: spegnete i tecnici!
Non date loro retta!
La maggior parte di loro pretendono di farvi vedere con i loro occhi quello che soltanto voi potete ascoltare con le vostre orecchie.
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