Nota ai più la mia passione per la registrazione-riproduzione analogica su nastro magnetico, fin dalla tenera età dei miei bellissimi 7 anni giocavo con un Geloso G256 registrando la tv e sonorizzando a voce i cartoni del mio proiettore S8, che era ahimè muto, facendoli partire in sincrono con risultati sorprendenti.
Proseguendo nell’età adolescenziale acquistai nel 1980, con somma arrabbiatura dei miei, un Revox A77 MKIV seminuovo, un sogno per tutti all’epoca, prerogativa di piccoli studi di registrazione e radio private o pochi audiofili benestanti. Dopo diversi anni di collezionismo impulsivo dei registratori a bobine arrivò per caso la “folgorazione”, del tutto casuale, per la serie “36” Revox a valvole (stereo) degli anni ’60.
Forte dei preziosi consigli del mio amico e tecnico Revox Luca Olgiati, procedetti all’acquisto del mio primo valvolare stereo, un 2 tracce 3,5/7,5 dell’ultima serie, il mitico Revox G36. Si tratta di un registratore-riproduttore per bobine fino a 26,5 cm, con altoparlante incorporato, amplificatore di potenza mono con un’uscita di 6 watt e una distorsione inferiore all’1% (il suo ingresso può essere commutato per monitorare uno o entrambi gli amplificatori di riproduzione a nastro o il segnale in ingresso su ciascun canale), ingressi e uscite linea pin, sezioni pre-out e ampli separate, 12 valvole (5 ECC81, 1 ECC82, 4 ECC83, 2 ECL86), un enorme motore capstan Papst Hysteresis , sincrono con rotore esterno direttamente accoppiato ad un volano bilanciato dinamicamente mediante uno speciale disco antivibrante in gomma (flutter ridottissimo), altri 2 motori Papst a trazione diretta per le bobine e freno elettrico, testine in araldite con schermatura.
Con queste premesse, e senza dilungarmi in aspetti tecnici (ce ne sarebbero in abbondanza nonostante l’assenza di elettronica), posso affermare che questa macchina raccoglie la più matura tecnologia valvolare dell’epoca e ciò si evince dalla “interpretazione” assolutamente analogica di un qualsivoglia segnale in ingresso, registrato o semplicemente passante, esprimendo un suono armonicamente gradevole e mai stancante. Con gli amici di Audiophile Music Club abbiamo partecipato spesso a manifestazioni audiofile, facendo suonare questa macchina con impianti blasonati, riscontrando, più che gradimento, direi incredulità, con nastri registrati da sorgenti dac di files 16/44, PCM Hi Res e DSD.
A chi mi chiede come mai, persino un file digitale registrato e riprodotto da questa macchina pazzesca assuma un altro “spessore” persino rispetto al medesimo file riprodotto da un iperbolico DAC di ultima generazione, rispondo che la sezione di preamplificazione dei R2R è molto probabilmente superiore all’equivalente stadio analogico dei moderni DAC, a tal punto da lasciare basiti gli ignari ascoltatori. Corpo, tridimensionalità, separazione dei piani sonori affrescano superbamente la scena con una naturalezza disarmante e un supremo senso di “analogicità” sconosciuta alla riproduzione moderna che anche nella migliore delle occasioni, appare al conronto asettica e priva di pathos.
Oggi posseggo 2 di queste splendide macchine (oltre a tutta la serie 36 stereo) e non ne potrei fare a meno anche rispetto a macchine professionali Studer che fanno parte della mia collezione.
La riproduzione di un valvolare a bobine è un mondo a parte che non si può spiegare a parole.
Curiosità: questo registratore nel ’64 costava l’equivalente di quasi 10.000 euro di oggi!