Da tempo mi ripromettevo di pubblicare una recensione scritta a febbraio per le Venus di S&D che ho avuto il piacere di provare in anteprima assoluta. A distanza di alcuni mesi, ho voluto rileggerla prima per vedere se le impressioni a distanza di tempo hanno retto il ricordo o meno. Direi proprio di si e dunque….eccola. Buona lettura.

Il mondo audiofilo vive da sempre di classifiche e dispute oltre l’immaginabile e di stereotipi immarcescibili. Difficile pronunciare la parola “alta efficienza” senza pensare al più tipico suono “ignorante” di Klipsh o Jbl, peraltro assai dissimili fra loro. Evidente che tale definizione non ha alcunché di dispregiativo ma anzi, mette in luce una estremizzazione concettuale tipica delle motociclette dalla guida non rigorosa ma molto eccitante o delle automobili poco disposte a farsi guidare in souplesse ma molto decise in alcuni parametri quali l’accelerazione o le capacità fuoristradistiche.
Mutatis mutandis, nel mondo audio si definiscono così, i progetti in alta efficienza non propriamente equilibrati in tutta la gamma udibile, spesso manchevoli nell’ottava più bassa o nella ricostruzione scenica ma capaci di strabiliare per la vividezza di alcuni strumenti o il punch della grancassa, ad esempio. Una scelta consapevole di alcuni progettisti e parimenti degli amanti di questo intrigante segmento di diffusori acustici che propendono per la massima soddisfazione in alcuni parametri, piuttosto che per la ricerca dell’equilibrio generale che, spesso può lasciare insoddisfatti per via del compromesso al ribasso con cui bisogna fare i conti nella ricerca della omnicomprensività.
Le nuove VENUS di Sound & Design sembrano la terza via possibile fra due filosofie d’ascolto apparentemente inconciliabili ma voglio parlarne ripartendo dall’inizio.
30 ottobre 2015, vigilia del Bari Hi End. Ho il piacere di essere ospitato in casa di Angelo Albrizio “suggeritore occulto” di questo diffusore e del suo progettista, l’Ing. Valerio Maglietta di Sound & Design. Scopro nell’occasione che i due termini utilizzati nel marchio rispondono a due specifiche super-competenze rappresentate dall’eclettico Ingegnere e da Ubaldo Samuelli, designer sopraffino che ha donato l’immagine al suono di questi splendidi diffusori. Perché nei fatti è proprio così; dall’ideale sonoro, alla progettazione acustica all’armonizzazione estetica esattamente nell’ordine descritto; e non sembri affatto scontato che sia sempre così, visto il moderno proliferare di strumenti per la riproduzione domestica invertiti nel significato e con un suono asservito all’estetica avulsa dal fine ultimo. Il significato di design, del resto, sottende ad un’estetica funzionale e mai fine a se stessa, talchè la bellezza sia un automatismo derivante dalla percezione chiara di una forma che rimandi all’efficacia dell’oggetto stesso.
E’ un’anteprima assoluta nella quale vengo catapultato dalla mezzanotte alle 3 e complice il silenzio notturno, ne rimango affascinato istantaneamente; troppo stanco dalla giornata di allestimenti in fiera per poter erigere barriere pregiudiziali derivanti dalla mia passione per la bassa efficienza e la sospensione pneumatica. E’ un lampo e sono sedotto. Un altro lampo ed è già giorno; mi ritrovo abbandonato in un tourbillon di demo in fiera e incontri con gli audiofili che mi consumano e mi appagano tanto ma….il tarlo Venus è già in incubazione.
23 Dicembre 2015, vigilia della …vigilia di Natale. Le Venus sbarcano nella mia sala d’ascolto e vi rimangono per 40 giorni incollate al pavimento. Per tutta la loro permanenza, si muoveranno di pochi gradi lungo il loro asse verticale, alla ricerca della focalizzazione perfetta che giunge dopo un estenuante e certosino lavoro di dimatura del “toe in”. Per suonare suonavano sin da subito, s’intende ma, non ho alcuna passione per le cose che suonano bene e m’interesso solo di quelle che m’incantano; e la faccenda, riveste oviamente tutt’altra complessità quando si esce dal vocabolario dei bassi, medi, alti e si entra in quello dell’emozione.
E’ dall’endorfine che bisogna partire per ragionare delle Venus e alle endorfine bisogna tornare.
Seducenti nella forma e nel suono, appena piazzate hanno rivelato personalità da vendere; impossibile scindere i due aspetti, sintesi perfetta di buongusto a tutto tondo, nei materiali, nella finitura, nell’inserimento estetico in casa e soprattutto nel suono autorevole e deciso come un buon whisky torbato dal mieloso retrogusto. 
L’alta efficienza vive da sempre di un sillogismo calato dal cielo, secondo il quale, valvole e bassa potenza sono spose predilette di questa tipo di progetto e non che non lo siano, s’intende, ma anche….no.
E’ da questo assunto che Angelo e Valerio son partiti, ed è con i miei Conrad Johnson che verosimilmente il matrimonio si sarebbe dovuto compiere sin dalle prime note ma, si sa, la sorte ci mette del suo e all’arrivo delle Venus, il Krell è l’unico ampli che io possa collegare per dar legittima soddisfazione ai progettisti poiché i CJ in biamp verticale, non mi consentono una veloce connessione ai diffusori e dunque, fuoco alle polveri e facce basite. Il KSA 100s è riconosciuto universalmente come uno dei finali in pura classe A più muscolari prodotti nell’era d’oro dell’hi fi. Pochi però scommetterebbero guardandolo in faccia, sulla sua neutralità e sulla “pura seta” delle sue note. Ma chi ci convive quotidianamente, sa bene quanto sia vera la celebre definizione “pugno di ferro in guanto di velluto” affibiata da Bebo Moroni nella sua classifica speciale delle migliori elettroniche di sempre, redatta negli anni 90 e confermata un decennio dopo, pressoché integralmente nelle valutazioni. E che il pugno fosse di ferro, lo si è capito sin da subito con le tracce terrificanti dell’organo a canne nella Lindenkirche Berlin di Gerhard Oppelt e nella composizione di Vaclav Nelhybel suonata dalla Dallas Wind Symphony contenute nel più classico dei sampler Burmester II.
Le magnifiche Venus hanno sfoderato tutta la loro classe in una riproduzione dell’organo stagliata sulla parete retrostante, in dimensioni certamente scalate ma assolutamente grandi e verosimili, perfettamente spaziate nelle tre dimensioni. Nulla di confrontabile col “monitor sound” in stileJBL per intenderci e questa, in sé, è la vera originalità di questo progetto. Responsabilità della bellissima tromba si direbbe o del progetto crossover aggiungo io. Sta di fatto che la scena acustica è risultata meravigliosamente rear back rispetto a quel che ci si aspetterebbe e le grandi percussioni della Dallas Wind Symphony son sembrate provenire 30 metri alle spalle dei diffusori oltrepassando il muro della stanza di una misura inimmaginabile. Potenza del preconcetto avrei voglia di scrivere, dal quale ognuno vorrebbe prendere le distanze e nel quale è difficile non incappare; grosso woofer > grande tromba > basso lento > grande punch> suono monitor. E invece no! E se volessi sintetizzarvi con la stessa modalità il Venus sound, scriverei pressappoco così: basso grande e veloce> splendida coerenza> grande scena> grande realismo.
In verità, sintetizzando, si fa un torto a questi gioielli capaci di emozionare a più riprese e con più generi. Metti ad esempio il jazz: fiati lucidi e perfettamente dimensionati, rullanti fulminei e realistici, pelli dei tamburi tese e rimbalzanti come dal vivo, contrabbassi sempre asciutti, modulati e mai ipertrofici.
Il Krell, gentiluomo d’altri tempi, con tutta la sua potenza muscolare è stato in grado di guidare le Venus di Sound & Design come eleganti danzatrici, sorreggendole con sicurezza senza mai consentire loro il benché minimo indurimento con l’incedere del volume. Ho trascorso così, 30 giorni di quotidiani ascolti, interrogandomi sui limiti veri di questo progetto senza intravederne mai accenno. Le voci scorrono emozionanti e sexy e mai le sei ottave di Rachelle Ferrell mi sono state così addosso come con le Venus, ricche di nuances certamente ben udibili con tanti altri diffusori ma mai così maledettamente sexy e materiche. Non cito a caso Rachelle Ferrell poiché le sue incisioni spingono esattamente in quella direzione turgida, materica e fortemente addosso come una carezza sexy, ben altro stile della Pidgeon o di Eileen Farrel per intenderci. Per contro, quest’ultime si esprimono certamente meglio con i miei riferimenti a bassa efficienza, equipaggiati da una coppia di cupole al titanio.
L’esperienza d’ascolto con i CJ, ha confermato in gran parte tutto quel che di bello vi ho sin qui narrato, aggiungendo i colori dell’ambra ai fiati e ai violini ma sottraendo al contempo la magnifica sensazione di controllo estremo del Krell che soprattutto con la grande orchestra genera più endorfine di qualsiasi altro parametro di riproduzione. Così facendo, si giunge al più didascalico bivio da manuale: meglio i tubi o il silicio? Ma non mi faccio problemi a rispondere con un “pilatesco” …”meglio le ottime amplificazioni” di comprovata classe. Con le Venus non si può risparmiare in corrente, né in tubi NOS, né tantomeno in improbabili DIY per i quali ho in generale ammirazione ma anche tanta sfiducia visto l’andazzo dell’improvvisazione che regna nel settore.
Tutte rose dunque queste S&D? Molte rose certamente …e qualche spina. La ritrosia tipica dei woofer alnico a scendere sotto i 40hz, dove comunque ci arrivano con tanta più energia dei fratelli a bassa efficienza ma che, oltrepassata la fatidica soglia, tendono a spegnersi repentinamente lasciandoti in alcuni momenti con la più classica sensazione di incompiuto tipica dei geni poco avvezzi al metodo. Grande basso ma poco ultrabasso a cui mi son permesso di suggerire una folle soluzione alla cui fascinazione, Valerio e Angelo non sono rimasti indenni, ammiccando un sorriso che potrebbe far sperare un inguaribile perfezionista come me. Una sorta di lascia o raddoppia o roulette russa alla quale potrebbero partecipare anche gli audiofili riluttanti all’alta efficienza e se son rose, “aivoglia” se fioriranno.

Ambiente in cui è avvenuta la prova:
4,5 x 6,5 (30mq) mediamente risonante con cubatura posteriore aggiuntiva di moderata decompressione (8mq)
Impianto privato utilizzato nella prova:
sorgente analogica: Musical FidelityM1 turntable
SME 2.9 tonearm 
Audiotechnica AT33EV MC cartridge
Audiotechnica AT700T step up
Klimo Viv phono preamp con tps rivalvolato NOS (alimentazione valvolare separata)

sorgente digitale:
Teac ud 501 DAC
T-Audio Interface stadio analogico a discreti e alimentazione valvolare rivalvolato NOS
Klimo Beag valve buffer rivalvolato NOS

preamplificatore:
Klimo Merlin ls plus rivalvolato NOS (tps alimentazione valvolare separata)

amplificatori finali:
Krell KSA 100s
Conrad Johnson MV55 (coppia rivalvolata NOS) in biamplificazione verticale
Alimentazione:
UPS Guardian 35
Cavi alimentazione:
Acrolink 7N p4030 II (tutti gli stadi di preamplificazione)
Belden83806 (tutti gli stadi finali)
Cavi segnale:
Oehlbach XXL1
Cavi potenza:
mit mh-770 cvt terminator twin (su finale stato solido)
Trasparent cable music wave (su finali a valvole)